autonomia provvisoria

«Servono accordi con le altre Regioni, da soli non ci si salva»

Toniatti cita la Scozia e commenta il caso Trentino: «La nostra è una difesa debole. E intanto il Pd tace»


di Andrea Selva


TRENTO. L'autonomia speciale del Trentino è provvisoria? Destinata quindi a concludersi sotto gli attacchi del resto d'Italia, sempre più pesanti e frequenti con il protrarsi della crisi che riduce le risorse disponibili? Per il professor Roberto Toniatti – costituzionalista, già preside della facoltà di giurisprudenza di Trento – il tema, posto domenica sul Trentino dal direttore Alberto Faustini, non è solo attuale, ma fondamentale. Con un rischio: “Questo dibattito in Trentino rischia di avere lo stesso effetto di un sasso lanciato nella sabbia, cioè il nulla”. C’è un energia in campo che ha la consistenza della gelatina.

In che senso?

Un anno fa con Gianfranco Postal e Massimo Carli abbiamo proposto uno studio sul Terzo Statuto di autonomia. A Bolzano almeno c'è stato un dibattito pubblico, lo studio è stato pubblicato in rete. A Trento zero. Per questo dico che c'è il rischio che il dibattito nella disattenzione più assoluta. A conferma che Faustini ha ragione.

Colpa dei nostri amministratori?

Penso che in questa fase la nostra autonomia venga difesa debolmente con argomenti deboli. La cosa che più mi spaventa è che si arrivi a svuotare l'autonomia speciale senza nemmeno toccare la Costituzione, andando avanti con i ricorsi di costituzionalità e con i tagli di risorse fino a impedire un processo di autogoverno.

E quale sarebbe invece la strategia giusta?

Bisognerebbe convincere le altre regioni a ribaltare la prospettiva e dire: guarda Stato che sei tu che stai fallendo. La notizia di sabato – sulla scuola trentina trilingue – mi convince che ho ragione: questo è il modo giusto per valorizzare le risorse.

Non solo Trento e Bolzano, quindi?

Non c'è dubbio che Trentino e Alto Adige debbano lavorare assieme, ma sarebbe un errore rimanere isolati. Pensavamo che i governi di centro destra ci fossero nemici e invece ora abbiamo scoperto che il governo amico non esiste. C'è un problema Renzi, un problema Pd e un problema del Pd Trentino (che su queste questioni tace). Io sono esterrefatto quando vedo le dichiarazioni di Serracchiani (Friuli) e Chiamparino (Piemonte) che dicono che va tutto bene. Questi signori non fanno l'interesse dei loro territori.

Non ha citato il Patt.

Il punto è che vanno cercare alleanze con altre regioni per far capire che il vero fallimento è lo Stato e che le regioni si devono fare promotrici di una vera riforma dello Stato. Non è tutelando noi stessi che oggi riusciamo a salvare l'autonomia speciale. In nessuno caso ci si salva da soli.

Ha in mente un caso europeo?

Le faccio due esempi: il primo è quello della Scozia. Non voglio dire che il Trentino debba minacciare la secessione, ma nel caso della Scozia erano state fatte delle promesse che già si stanno avverando. Il secondo caso è quello della Catalogna, dove ci sono forti contrasti. Noi – in Trentino – non abbiamo nemmeno i contrasti: da noi si torna da Roma e si dice che abbiamo raggiunto un ottimo accordo.

Il problema è solo economico o anche istituzionale?

Principalmente economico. E' stata la crisi infatti – con la diminuzione di risorse – a scatenare questa situazione. Però c'è anche un problema di classe dirigente. Provo molto rammarico per i destini di questa Provincia che doveva essere una regione della conoscenza e invece mi pare che si brancoli nel buio. Perché i parlamentari non raccontano quello che sta succedendo, anche drammatizzando la situazione se necessario?

Qual è secondo lei la priorità?

Mantenere le autonomie speciali in cima all'agenda. L'era Dellai-Durnwalder ha lasciato in eredità il concetto di “autonomia integrale”, cioè la necessità di andare oltre l'autonomia speciale. E' a questo che abbiamo lavorato quando abbiamo elaborato il progetto di terzo statuto. Ora bisogna disegnare uno Stato in cui estendere le autonomie forti.













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