Arco: un museo nella Torre Renghera

Le proposte di Romano Turrini per valorizzare a pieno il Castello contenute in un saggio



ARCO. Con tutti i lavori di restauro fatti negli ultimi 24 anni nessuno penserebbe che c'è ancora da fare per rendere più attraente e fruibile il Castello di Arco. Nessuno tranne Romano Turrini, lo storico arcense che al Casinò, in chiusura della 18ª rassegna dell'editoria «Pagine del Garda», ha presentato il suo ultimo saggio sull'argomento, che raccoglie una serie di proposte per "la piena valorizzazione", sia in senso didattico che turistico, dei ruderi dell'antico maniero. Turrini, che conosce come pochi ogni anfratto del Castello di Arco, oltre che ogni singola pagina scritta su di esso dal Medioevo ad oggi, nel saggio, pubblicato nell'ultimo numero della rivista Il Sommolago, accompagna il lettore in una passeggiata ideale tra gli antichi resti, indicando passo dopo passo gli interventi, impegnativi ma anche minimali, utili a trasformare l'area archeologica in un luogo ancora più affascinante e interessante di oggi. Lassù, dice lo storico, il visitatore deve poter trascorrere una mezza giornata senza annoiarsi, immerso in un ambiente che per collocazione climatica e geografica non ha eguali.  Romano Turrini allora suggerisce di aprire al pubblico amgoli interdetti al passaggio: il prato che si estende sotto quello della Lizza, che potrebbe diventare un luogo di relax; il «Rondello» sopra la Prigione del Sasso da cui si può osservare una parete di pregevole architettura a strapiombo sulla roccia; la stanza sopra quella degli affreschi, che potrebbe essere destinata, con arredo e attrezzature multimediali adeguati, all'attività didattica; lo spazio interno alla cinta di mura che racchiude la Torre Renghera. Su quest'ultima si concentra in particolare l'attenzione di Turrini, che ipotizza la ricostruzione dello spigolo distrutto nel 1945 dall'artiglieria americana e la suddivisione dello spazio interno in quattro sale collegate da una scala. Nelle stanze si potrebbe illustrare la storia del castello e dei conti d'Arco grazie a riproduzioni di stemmi, ritratti, alberi genealogici, documenti e armi antiche (al Museo della Guerra di Rovereto c'è la collezione donata nel 1949 da Riccardo Caproni di Massone). Solo dopo aver attraversato questo piccolo museo il visitatore giungerebbe in cima alla Torre, sulla terrazza belvedere da dove ammirare l'intera valle.  Romano Turrini suggerisce poi di arricchire la flora del Castello di Arco con arbusti e piante aromatiche, la cui presenza sulla rupe è documentata nei testi rinascimentali. Non per ultimo dallo storico viene un sommesso ma convinto invito a mantenere con maggiore accuratezza le tracce di storia portate alla luce dalla lunga e costosa campagna di restauri iniziata nel 1986. (d.r.)













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