A caccia di reperti: beccati con le bombe

Denunciati due veronesi che stavano scendendo dal Vioz con lo zaino pieno


Mara Deimichei


TRENTO. È un caso unico in Europa. Lassù a tremila metri d'altitudine gli eserciti si fronteggiarono per tutta la durata della prima guerra mondiale sul fronte dell'Ortles-Cevedele. Punta Linke (a 3.632 metri) fu uno dei centri nevralgici e il ghiaccio ha conservato tutto. Un museo storico in alta quota, questo è, che però viene sistematicamente depredato dai cosiddetti recuperanti, ma anche da chi raccoglie pezzi di ferro arrugginito senza sapere di cosa si tratti, senza capirne il valore. Pare che rientrino nella prima categoria i due che sono stati denunciati sabato pomeriggio dai carabinieri: nei loro zaini sono state trovate otto torpedini austrungariche, bombe cariche e dotate di spolette e sicura di trasporto.

Gli ordigni inesplosi sono rimasti sotto il ghiaccio di punta Vioz per decenni per poi riaffiorare a causa dell'arretramento del ghiaccio. E ne hanno approfittato i due (sono entrambi della provincia veronese anche se uno è di origine romena) che sabato sono saliti ai 3 mila metri e oltre di Cima Vioz per cercare reperti bellici da portare via. Un'azione che però non è passata inosservata. Lungo la via del ritorno, infatti, i due sono incappati in un controllo dei carabinieri. E negli zaini è stato trovato il bottino. In particolare ciascuno dei due recuperandi portava sulle spalle 4 torpedini minewerfer, ossia dei mortai a corta gittata molto usati durante la prima guerra mondiale dall'esercito tedesco e da quello austro-ungarico.

Queste armi erano state progettate per eliminare ostacoli e fortificazioni come filo spinato e fortificazioni che l'artiglieria a lunga gittata non era in grado di colpire con la necessaria precisione. I due, riaccompagnati a valle sono stati quindi denunciati per possesso di armi da guerra, un reato molto grave. Le otto bombe sono state sequestrate, come sempre in questi casi. «Il recupero di ordigni bellici - spiega il maresciallo Oliva, comandante della stazione dei carabinieri di Cogolo che ha seguito l'intera vicenda - rappresenta una pratica molto pericolosa, in quanto espone a rischio non solo l'incolumità del recuperante stesso ma soprattutto quella altrui. Verranno attuati, pertanto controlli sempre più intensivi volti ad arginare il fenomeno in sinergia con gli agenti forestali, valido punto di osservazione in quota». La Punta Linche era dotato di un doppio impianto teleferico era collegato da una parte al fondovalle di Peio e dall'altra al «Coston delle barache brusade» verso il Palon della Mare nel cuore del Ghiacciaio dei Forni; il vicino rifugio Vioz era allora sede del comando di settore.













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