In Val di Non alzata di scudi contro l’apertura delle materne 

Provvedimento frettoloso. Bruno Bertol, da 40 anni presidente della scuola di Fondo: «Troppe le responsabilità che gravano sui consigli di amministrazione». Lorenza Cologna, presidente della scuola di Coredo, pronta a dimettersi


Giacomo Eccher


Val di non. Apertura frettolosa, la scuole materne equiparate non ci stanno ad un’accelerazione che contrasta con le restrizioni che ancora si applicano a tanti aspetti della vita quotidiana anche se svolte all’aperto. Per non parlare delle responsabilità civili e penali (quindi personali) che gravano su presidenti e consigli di amministrazione delle scuole, tutti volontari che prestano il loro servizio gratis, ma con lo status di datore di lavoro e quindi responsabili in caso di contagi al personale o agli alunni.

Una situazione che – come evidenzia Bruno Bertol, già sindaco di Fondo e da 40 anni presidente della locale scuola materna – ha dell’assurdo se confrontata alla realtà. Bertol, che è anche rappresentante del Circolo Cles 1 (che raggruppa le materne della media e Alta valle, da Mechel a Ruffré) cita in proposito un’esperienza diretta. «Oggi (ieri per chi legge, ndr) sono andato con mio figlio al Crm di Sarnonico: tutto all'aria aperta, tutti mascherati, lunga fila, 2 ore di tempo, entrano 2 macchine per volta, uno solo può operare munito di mascherina e guanti. Tutte grandi precauzioni, forse giuste, per carità, verso le immondizie e gli operatori. Però ora, stranamente, mi obbligano ad aprire la mia scuola materna: ne sono presidente volontario da 40 anni, nessuno mi ha chiesto niente. Non so, dovrò far entrare e ospitare un bambino mascherato alla volta, accolto da insegnanti e operatori mascherati? Le scuole sono meno pericolose e virali dei Crm? Non riesco a capire certe decisioni!».

Una preoccupazione che non è solo di Bertol, ma che si espande a macchia d’olio alle “equiparate” che si sono trovate di fronte ad una decisione calata improvvisamente senza un’adeguata informazione né condivisione. Preoccupazioni, per non dire rabbia, che abbiamo colto anche da insegnanti educatrici che non sanno come e cosa fare in una situazione che definire confusa è un puro eufemismo.

Ma la partita vera si gioca sulle responsabilità personali del presidente e dei consiglieri, tutti volontari, e la presidente della scuola dell’infanzia parrocchiale di Coredo, Lorenza Cologna, se la decisione di riaprire l’8 giugno è confermata, annuncia dimissioni. «Le scuole materne che, come la nostra, aderiscono alla Federazione provinciale vivono, operano e forniscono un servizio fondamentale alla collettività grazie al lavoro e all’impegno di persone che mettono a disposizione il loro tempo e le loro competenze in forma di volontariato totalmente gratuito, come sancito dagli Statuti delle Scuole. Come presidenti siamo però considerati a tutti gli effetti dei datori di lavoro come succede nel privato e rappresentiamo la scuola con l’assunzione di tutti gli adempimenti ed oneri che ne derivano, compreso il contagio da Covid 19, data la configurazione dello stesso come infortunio sul lavoro». Con il rischio, nel caso di una ripresa dei contagi di trovarsi in condizione di dover chiudere nuovamente, con gravi ripercussioni sulla qualità e la credibilità del servizio offerto. Ma cosa più importante delle responsabilità – conclude Cologna - «è il dovere morale dei presidenti di garantire la scuola come un patrimonio culturale delle comunità locali che è stato costruito da volontari nel corso di decenni di lavoro, nonché di tutela del personale che all’interno delle scuole presta la propria attività lavorativa e delle famiglie che usufruiscono del servizio».













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