Le api sanno “contare”, parola di scienziato 

La ricerca. I sorprendenti risultati dello studio condotto da CIMeC e Museo Civico di Rovereto Vallortigara: «Questi insetti sono capaci di astrazione passando dal numero alla grandezza»


maddalena di tolla deflorian


TRENTO. Le api capiscono (o meglio, sanno astrarre) il concetto di quantità. Il loro piccolo e funzionalissimo cervello, dotato di novecentomila neuroni, può passare dal numero alla grandezza. Lo dimostra uno studio condotto dall’Università di Trento con la Fondazione Museo Civico di Rovereto e la collaborazione del responsabile della sezione Zoologia del Civico, Gionata Stancher. Gli esperimenti si sono svolti– senza far nulla di male alle api - in libertà, al Bosco della città, sopra Rovereto. Il risultato è stato pubblicato dalla rivista iScience ai primi di maggio.

Probabilmente, secondo gli scienziati, questa capacità delle api (carniche, in questo caso) si riconduce alle necessità “operative” che presenta loro la vita in natura: «Ad esempio le api - ci dice Giorgio Vallortigara, neuroscienziato, coordinatore dello studio - spesso devono fare l’equivalente di operazioni aritmetiche. Un’ape vola per trovare il nettare, deve ricordarsi se in un particolare posto ci sia ancora quello che cerca. Quella operazione di valutazione coinvolge tempo, spazio, numero».

L’idea di fondo è che nell’uomo e nei vertebrati in generale, vi sia un meccanismo rivelatore della quantità ( la “magnitudo”) che opera rispetto al numero, allo spazio e al tempo. Vallortigara parla di una sorta di “moneta comune, cioè un modo per stimare le quantità, indipendente dal particolare. Per inciso questa moneta comune è danneggiata nella discalculia dei bambini”. Questa ricerca, dunque, potrebbe avere importanti effetti in futuro su possibili scoperte legate alla malattia.

Ecco dunque come ha funzionato l’esperimento incruento.

Spiega Vallortigara: «Le api vivono nei loro alveari al Bosco della Città. Spontaneamente entrano nell’apparato che abbiamo predisposto, dove trovano una ricompensa in acqua zuccherata se riescono a distinguere fra dischetti di varie dimensioni, collocati in numero differente sull’uno o l’altro di due pannelli». Una metà degli animali trova la ricompensa quando sceglie il pannello con la numerosità maggiore, l’altra metà quando sceglie quello con la numerosità minore. Ad apprendimento raggiunto le api sono sottoposte a un test di controllo in cui ogni ricompensa è omessa, successivamente a un test di generalizzazione (sui due pannelli vi sono questa volta numerosità identiche ma con dischetti di grandezza diversa, tutti grandi oppure tutti piccoli. Le api addestrate a scegliere la numerosità maggiore scelgono spontaneamente, in assenza di ricompense, il pannello con i dischetti di grandezza maggiore, le api addestrate a scegliere la numerosità minore quello con i dischetti di grandezza minore.

Maria Bortot, dottoranda di ricerca all’Animal Cognition and Neuroscience Laboratory del CIMeC all’Università di Trento, prima autrice dell’articolo, spiega: «I nostri risultati mostrano che le api sanno generalizzare da una quantità discreta (il numero degli stimoli) a quantità continue (la loro grandezza). È la prima volta che tale capacità di astrazione è osservata nel cervello di un invertebrato». Il passo successivo sarà capire se questa abilità mentale delle piccole api si estenda allo spazio e al tempo. Poi gli studiosi cercheranno di scoprire in quali regioni del cervello la codifica abbia luogo.

Le ricerche sono finanziate da Human Frontiers Science Program e dallo European Reseach Council. Si usano oltre alle api anche altri modelli come il pesce zebra. L’articolo ha titolo “Transfer from number to size reveals abstract coding of magnitude in honeybees”.













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