dall’altare alla polvere

Alex, una vita sotto i riflettori e ora quell’assordante silenzio

Che fine ha fatto Schwazer? Dalla positività per doping a quella per ubriachezza in auto


di Pierluigi Depentori


RACINES. Lassù a Calice di Racines, in cima alle Alpi e a un tiro di schioppo con il confine austriaco, c’è ben poca voglia di festeggiare per questo incredibile oro europeo di marcia conquistato “postumo” da Alex Schwazer. Nelle villette di legno con i balconi stracolmi di fiori rossi e bianchi la notizia della squalifica per doping del russo Stanislav Emelyanov ha subito preso il profumo della beffa. Quel paesino che fino a due anni era diventato il centro del mondo, con maxi striscioni e gigantografie di Alex in quasi ogni casa, vuol solo dimenticare e vivere di normalità. Schwazer era il loro eroe, il loro Superman moderno, il sogno di chi era riuscito ad issarsi in vetta al mondo, dove l’aria è rarefatta quasi come qui sulle Alpi.

Ma che fine ha fatto Alex? Nemmeno l’altro ieri, nella giornata dell'incredibile assegnazione dell’oro nei 20 chilometri di marcia agli europei 2010, si è fatto trovare (in compenso ha parlato la Procura di Bolzano, come si può leggere nel pezzo a sinistra). Come se la vita pubblica di Schwazer si fosse chiusa con quella struggente conferenza stampa dell’8 agosto 2012, quando ammise tra le lacrime l’uso di doping per cercare di vincere le Olimpiadi di Londra, lui che aveva trionfato a Pechino quattro anni prima e che quella voglia di bis a cinque cerchi lo aveva sopraffatto miseramente. In pochi mesi Alex ha perso tutto: la marcia, la celebrità, il rispetto dei suoi compagni e dei suoi tifosi e poi anche la sua amata Carolina Kostner. Tutto svanito, all’improvviso, quando pensava di poter toccare il cielo con un dito, quando era anche diventato un volto da pubblicità, quando Schwazer Alex da Calice era diventato per tutta Italia semplicemente Alex, ormai più famoso di Del Piero, ormai un divo.

Ha provato a tornare tra i banchi dell’università di Innsbruck, ma ha abbandonato presto. Voleva solo essere dimenticato da tutti, Schwazer, ma poi lo scorso novembre ecco di nuovo le prime pagine su di lui, e non per il doping. L’avevano pizzicato ubriaco al volante poco distante da casa, forse in una di quelle sere in cui per dimenticare la sua vita finita all'improvviso nella polvere ci aveva dato dentro con le birre. Un’altra volta positivo, come a quel controllo antidoping prima delle Olimpiadi di Londra, questa volta al controllo dell’alcoltest di un carabiniere inflessibile che l’aveva visto zigzagare con l'auto, in preda ai suoi demoni. Sei mesi senza patente, l'obbligo di impiego in una casa di riposo di Vipiteno per compiere “lavoro socialmente utile”, e nel frattempo un’inchiesta penale della Procura di Bolzano per doping che continua tuttora a pendere come una spada di Damocle.

Vorrebbe solo il silenzio, Schwazer. Nemmeno i suoi amici dell’atletica riescono più di tanto a mettersi in contatto con lui, il cellulare è perennemente spento. C’è chi giura che nemmeno la medaglia d'oro dei campionati europei del 2010, arrivata quattro anni dopo, è riuscito a scuoterlo davvero. Ogni tanto, sulle stradine silenziose della val Racines, qualcuno lo vede passare di corsa o in bicicletta. Allenamenti? Semplici sgambate? Conti alla mano, la squalifica di Schwazer terminerebbe a gennaio 2016, giusto in tempo per le Olimpiadi di Rio. Ma nessuno sa davvero se Alex ci pensa seriamente. Ha anche scritto un libro su quello che gli è accaduto, ma per ora non ha la minima intenzione di farlo uscire: “Prima deve finire tutto”, dice ai pochi chi gli stanno ancora vicino. Deve finire la squalifica, deve finire l'inchiesta giudiziaria, deve finire, insomma, quell’incubo che l’ha travolto all'improvviso in un’afosa mattina di agosto di due anni fa e che non l’ha più fatto emergere. Negli occhi dei suoi tifosi, e di tutti noi, ci sono ancora le sue lacrime di ragazzo fragile cadute copiose durante la sua confessione in diretta tv. Un leone ferito che, da quel giorno, non è più riuscito a ruggire.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano