Una chiesa misteriosa ritorna alla luce

Dietro il Bonporti riemerge un’antica abside. Giallo sulla datazione (medioevale o romana) e sulle sue funzioni


di Paolo Piffer


TRENTO. Scavare nella zona del conservatorio “Bonporti”, tra via e vicolo Santa Maria Maddalena fin verso via San Marco, si sapeva potesse essere a “rischio”. Siamo subito all’esterno dell’antica Trento romana, al tempo zona cimiteriale, e già in un recente passato erano stati rinvenuti resti archeologici dell’epoca, comprese delle sepolture. Ma quello che è stato trovato in queste ultime settimane, e che sarà possibile scorgere solo per alcuni giorni prima del rinterramento, potrebbe essere un tassello straordinario e nuovo per la storia della città. Nel corso dei lavori per la messa in opera dei sottoservizi nello spazio retrostante l’asilo “Tambosi”, in via Francesco Ferruccio, proprio a fianco del “Bonporti”, dall’altro lato della strada, su un’area di circa 400 metri quadri, gli archeologi del Sap di Mantova guidati da Cristina Bassi e Roberta Oberosler della Soprintendenza per i beni architettonici il cui ufficio archeologico è diretto da Franco Nicolis, hanno fatto due scoperte di estremo rilievo scientifico. Poco tempo fa è venuta alla luce, ad una profondità di oltre due metri rispetto al piano strada, l’abside romanica della chiesa di Santa Maria Maddalena, risalente, con tutta probabilità, al XII-XIII secolo e demolita nell’Ottocento. Ma anche una sepoltura antecedente, di epoca romana, in gergo tecnico “cassalitica”, cioè composta da lastre in pietra. Della chiesa medioevale si sapeva dovesse essere in zona. La letteratura in materia lo conferma. «E’ comunque un rinvenimento importante e poderoso», commenta Cristina Bassi. Ma ciò che gli scienziati proprio non si aspettavano, pochi metri più in là, ed è la vera sorpresa, è stato, ad una profondità, tanto per intendersi, di diversi metri e con un diametro di 6, il riemergere, pochi giorni fa, «di una splendida struttura absidata in pietra locale, un pezzo eccezionale», afferma entusiasta l’archeologa Bassi. E’ un colpo d’occhio straordinario ma anche una prova per i tecnici della Soprintendenza, compreso Enzo Cavada, che di chiese se ne intende. Perché datare l’epoca dell’abside non sarà facile. Visto che, tra l’altro, il terreno che la ricopriva non ha dato indizi utili. Per ora sono state avanzate solo delle ipotesi. Potrebbe risalire ad un periodo compreso tra il IX e il XII secolo, pieno alto medioevo. Ma la possibilità più suggestiva è che l’epoca di riferimento sia quella romana, dei primi secoli dopo Cristo secolo dopo Cristo. E, ancor più, sono le funzioni che rendono maggiormente intrigante la scoperta, quasi un enigma scientifico. Tomba e sepoltura monumentale? Luogo di culto? «In questo caso - sottolinea Cristina Bassi - sarebbe un caso unico in tutto il Trentino». Certo, per ora sono ipotesi, da confermare o meno. Sulle quali si sta già studiando, analizzando, ragionando. Documentando tutto, pezzo per pezzo, e ponendo la tutela, nulla sarà infatti disperso e distrutto. Ma, e questo è il tasto che ai profani risulta più dolente, tra pochi giorni tutto sarà ricoperto e i lavori di ristrutturazione dell’asilo riprenderanno. E’ una modalità operativa che negli ultimi anni ha preso piede. Soprattutto per un motivo. Non ci sono più i soldi per intervenire salvaguardando tutte le zone archeologiche di rilievo e rendendole visibili. Anche la Provincia di Trento, che fino a qualche anno fa poteva permetterselo, si è adeguata gioco forza alla spending review. «Augurandosi - conclude l’archeologa Cristina Bassi - che un giorno si possa intervenire nuovamente. Riportando alla luce del sole queste bellezze».

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