TRENTO

Un medico su 4 si prepara alla pensione

La metà dei camici bianchi trentini ha più di 55 anni e il turn-over fa paura per il numero insufficiente di giovani laureati



TRENTO. La metà dei medici dipendenti dalla sanità pubblica (o convenzionati) ha più di 55 anni: un dato che rende l’idea di quanto la categoria sia “invecchiata”, come è accaduto negli anni a tanti lavoratori del settore pubblico. Ma ci sono altri due dati che rendono l’idea del problema: il 19 per cento di medici pubblici in servizio in Trentino ha un’età compresa fra i 60 e i 65 anni e un altro 8 per cento ha un’età variabile fra i 65 e i 70 anni, cioè la soglia limite per il pensionamento dei camici bianchi. Questo significa che nel giro di pochi anni bisognerà far fronte a un turn over di centinaia di medici in un momento storico in cui ci sono meno laureati che pensionati. Ecco l’allarme lanciato l’altro giorno dal presidente dell’ordine Marco Ioppi, che si riferiva ai medici di medicina generale ma che è perfettamente sovrapponibile alla situazione dei medici specialisti che lavorano per l’azienda sanitaria.

Per far fronte all’emergenza la Provincia è impegnata a sostenere gli studenti che vogliono intraprendere gli studi in medicina e a potenziare il percorso di formazione e specializzazione in medicina generale, ma che succederà quanto i medici diventeranno merce rara contesta da tutti i servizi sanitari italiani? Secondo le previsioni la situazione potrebbe essere all’apice della gravità tra il 2023 e il 2025 ma in Trentino le prime avvisaglie della crisi sono già arrivate con l’impossibilità di garantire il funzionamento del reparto di pediatria di Cavalese per l’impossibilità di reperire il personale necessario.

Nella “caccia” ai medici il Trentino riuscirà ad essere appetibile? Secondo Paolo Panebianco, delegato Fenalt dell’Azienda sanitaria la risposta è “no”: «Il Trentino non è attrattivo per i medici. Il numero esiguo di medici disponibile sul mercato fa sì che un giovane laureato abbia la possibilità di scegliere tranquillamente dove andare e la maggior parte sceglie mete più attrattive come i grandi centri universitari o clinici dove beneficia di ben altre prospettive di carriera. A nulla è servito aumentare in modo significativo il compenso economico rispetto alle altre realtà italiane. Il fatto che in Trentino non esista una facoltà di medicina non è sufficiente per spiegare lo scarso interesse per la nostra provincia: in altri tempi, ormai lontani, la sanità trentina attirava non solo medici, ma anche pazienti da tutti Italia».

Secondo la Fenalt l’attacco di Ioppi riportato ieri dal Trentino (“no agli infermieri-medici”) appare fuori luogo e fuori tempo massimo: «Molte delle cause che hanno portato alla mancanza di medici sono dovute a situazioni interne alla stessa categoria e le competenze avanzate degli infermieri sono una realtà nazionale ed internazionale da cui non si può tornare indietro».

Sul tema è intervenuto anche Nicola Paoli (Cisl medici) a ricordare al presidente della categoria Ioppi che anche i medici specialisti meritano la stessa attenzione dei medici di medicina generale, “visto che nei prossimi dieci anni da 50 a 56 mila medici ospedalieri usciranno dalla professione, senza contare i 1.500 giovani medici laureati o specializzati che ogni anno si trasferiscono all’estero”.













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