Sass Pordoi, la funivia compie 50 anni

Venerdì la festa per il mezzo secolo di un impianto storico. E pensare che all’inizio si ipotizzò una semplice seggiovia


di Elisa Salvi


CANAZEI. Aprile-Agosto 1963: il “frame” di un video dell'epoca, mostra una fitta fila d’auto che (per tutta l'estate) risale i tornanti del Pordoi. I turisti affollano il passo per imbarcarsi sulla funivia del Sass Pordoi (2.950 metri di quota), inaugurata nella Pasqua di quell’anno. Cinque aprile 2013: l'obiettivo inquadra la festa, sulla Terrazza delle Dolomiti, per i 50 anni della funivia simbolo degli impianti fassani. Una cerimonia, che inizia con un brindisi alle 11 e prosegue col pranzo al Rifugio Maria, a cui partecipano i 180 soci della Sitc, operai del cantiere d’allora, autorità locali e provinciali. Un incontro per ricordare il passato ma anche per guardare al futuro attraverso le riflessioni di Paolo Fosco presidente della Sitc, Daniele Dezulian, vicepresidente, e Fiorenzo Perathoner, per anni a capo della società.

«Questa funivia - dice Dezulian - dal 1963 è nostro motivo d'orgoglio per la sua grande valenza turistica e d'immagine». Ma per Daniele è anche un vanto di famiglia perché l'iniziativa ardita di salire con un impianto al vertice di quelle rocce, dove Tita Piaz anni prima aveva aperto la Via Maria (mito dei climbers), è di suo nonno, Francesco Dezulian, imprenditore illuminato e figlio di Maria Piaz (sorella di Tita) “la mare del Pordoi”.

Francesco all’inizio degli anni Sessanta ipotizzò di raggiungere la forcella del Pordoi con una seggiovia. Così, preparato un progetto di massima, coinvolse la ditta trentina d'impianti Graffer, che però redasse pure un suo piano. E in Provincia vennero presentate due domande di concessione.

«Mio zio Francesco - racconta Fiorenzo Perathoner - sapeva che il suo sogno, per i contatti che la Graffer aveva a Trento, poteva infrangersi. Serviva in fretta un’altra soluzione che l'aiutai a trovare. Un giorno salii a piedi al Sass Pordoi, mi sedetti su alcuni massi e guardando verso il passo vidi il passaggio ideale per l'impianto. Una volta sceso ne parlai a mio zio, che fece preparare un nuovo progetto da presentare, questa volta, direttamente a Roma». La proposta fu approvata e nella primavera del 1961 si aprì un cantiere (della “Garber e Pavarin” che si fonderà nel 1984 con la Sitc) dove gli operai da aprile a giugno lavorarono nella neve. E già il 20 dicembre 2012 avvenne la prima corsa. «Fu un “collaudo” che ricordo con emozione. A bordo c'erano anche mia moglie, mio fratello, lo zio Francesco, il cugino Franco, progettista e rappresentanti della Troier, la società costruttrice. La funivia aprì l'aprile successivo».

L'investimento per il primo impianto fu cospicuo: circa 200 milioni di lire. E il successo immediato.

«Il 5 aprile proietterò un mio filmato dell'estate del '63 che mostra Passo Pordoi invaso di turisti pronti a salire sulla funivia che portava, anche le signore con i tacchi, a 3000 metri ad ammirare le Dolomiti e gli esperti lungo escursioni d'alta quota. Da allora, molte persone hanno viaggiato con quell'impianto. C'è stato pure il presidente Pertini che ho accompagnato al Boè».

Nel 1995 l'impianto è stato ingrandito: «La cabina - precisa Perathoner - è passata a trasportare da 30 a 65 persone. Abbiamo raggiunto così, anche con il rinnovo del Rifugio Maria, il massimo dell'accoglienza in un luogo tanto pregiato».

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