Salvò un soldato Usa, premiato

Bombardelli lanciò l’allarme il 30 aprile 1945 quando sentì le grida disperate dei militari del Dukw



NAGO TORBOLE. “Un certificato di gratitudine per l’aiuto dato ai membri delle Forze armate americane”. È il riconoscimento ricevuto ieri, a Torbole, dall’arcense Carlo Bombardelli, durante la cerimonia di commemorazione dei venticinque soldati americani della Decima Divisione di Montagna di stanza in Italia inghiottiti dal Garda la notte del 30 aprile del 1945, mentre navigavano con l’anfibio Dukw. Il colonnello Brent Skinner, del 509esimo Signal Battalion della base Usa di Vicenza, ha voluto rendere così onore all’altogardesano, testimone involontario di quella che fu la peggiore disgrazia di epoca contemporanea del Garda, “per aver avuto il coraggio di gettarsi in strada a cercare aiuto, attirando l’attenzione di altri due soldati statunitensi, che riuscirono così a trarre in salvo l’unico superstite di quella tragedia”. «Questi momenti sono importanti perché bisogna tenere sempre vivo il ricordo della lotta più drammatica per la difesa delle libertà democratiche che ci sia mai stata nella storia del mondo – ha commentato commosso l’arcense, che ieri, assieme ad una delegazione di militari americani e ai figli di Frank Miller, uno dei giovanissimi soldati a bordo del mezzo, ha fatto visita ai luoghi in cui si combatterono gli ultimi duri scontri della Seconda Guerra Mondiale – Gli orrori di quei momenti sono parte della nostra cultura e della nostra storia comune, e dobbiamo trarne ogni giorno i giusti insegnamenti, per non ripetere più gli stessi errori». Carlo, oggi lucidissimo ottantenne, porta nella sua memoria, ancora vivo, il ricordo di quella straordinaria e al tempo stesso inquietante esperienza. «All’epoca avevo nove anni. Soffiava un vento fortissimo da tutto il giorno. Era buio ed ero a casa con mio padre, quando ho sentito delle urla provenire dal lago. Non capivo l’inglese (non lo capisco neanche adesso), ma ero certo che fossero delle disperate richieste d’aiuto. E ho cercato di fare qualcosa». Carlo, quella notte, nel silenzio della cittadina sottomessa, stava osservando il passaggio delle truppe occupanti. Le sue piccole orecchie, purtroppo, non si sbagliavano: le urla di disperazione che irrompevano nel buio, e che svanirono di lì a poco, con la stessa celerità di come erano iniziate, erano quelle dei soldati sul Dukw. «Il giorno dopo mi diressi in riva al lago: le acque avevano restituito otto zaini mimetici, e pensai si fossero salvati tutti – ricorda il pensionato – Solo nel 2004 ho scoperto che di quei ragazzi era vivo solo Thomas Hough, strappato al suo destino grazie ad uno scampolo di fortuna e, materialmente, ad un rottame del mezzo, che gli ha permesso di farsi notare, tra le onde, dai due suoi connazionali». I corpi di tutti gli altri militari furono inghiottiti dal Garda in meno di dieci minuti. «Il vento che soffiava quella notte si chiama Vinessa: non è l’Òra, è un vento più intenso perché arriva dal mare e, percorrendo tutto il lago, crea onde molto alte – ha precisato – Ma non ho mai escluso una possibile cannonata. Alcuni repubblichini, ancora legati ai tedeschi, erano a Forte Garda». Gli occhi di Carlo sono lucidi. «Chi ha vissuto la guerra e i bombardamenti, come me, non dimenticherà mai quegli orrori. La responsabilità dei nostri giovani è grandissima: per gli anni a venire tutti noi dobbiamo solo dire “Mai più!”». Per gli americani il tentativo di “fare qualcosa” compiuto da quel bambino piccolo è un grandissimo gesto eroico. Carlo Bombardelli, ancora oggi, è l’eroe che ha contribuito a salvare una vita americana. (s.bass)

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