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Primavera, tornano le punture di zecche

Si contano i primi casi stagionali. Negli ultimi cinque anni in tutto il Trentino si registra un aumento delle complicanze


di Matteo Ciangherotti


TRENTO. Con la primavera torna il pericolo zecche. Nei giorni scorsi, anche in Trentino, si segnala un aumento di casi di punture. Il clima attuale favorisce particolarmente il proliferarsi nell'ambiente di questo particolare acaro, che di per sé non rappresenterebbe un problema se non fosse che, in alcuni casi, può essere portatore di alcune malattie.

Due in particolare: la temuta Tbe, un encefalite che può portare a danni neurologici permanenti, e la malattia di Lyme, anch'essa dalle conseguenze pericolose come una meningite, ma più facilmente identificabile e curabile tramite antibiotico.

In Trentino si contano in media, ogni anno, almeno dieci casi di Tbe. Un numero alto se confrontato a tutte le regioni europee e secondo soltanto alla provincia di Belluno. Il dato, purtroppo, è in aumento, se confrontato con una vecchia indagine svolta dall'Azienda sanitaria che dal 1997 al 2006 ha fatto registrare 41 casi di encefalite da zecche. Se i numeri attuali raccontano di dieci casi all'anno, nel decennio 2006-2015 ne possiamo conteggiare approssimativamente un centinaio, più del doppio rispetto al precedente decennio.

«I fattori climatici e il calore rende le zecche più attive, oltre alla vicinanza con gli animali visto che esse si nutrono di sangue, in mancanza del quale muoiono – spiega la dottoressa Alessandra Zanin dell'unità operative di Igiene dell'Apss -; il periodo più a rischio, che coincide anche con la maggiore esposizione all'aria aperta, va dalla primavera all'autunno. Negli ultimi cinque anni, effettivamente, abbiamo riscontrato un aumento dei casi».

Dottoressa Zanin, quali sono i rischi concreti di una puntura di zecca?

«Nella maggioranza dei casi, circa i 2/3, andiamo incontro a banali sintomi influenzali come febbre e malessere generale. Spesso, però, l’infezione è addirittura asintomatica e comunque si risolve spontaneamente. Circa 1/3 di casi, invece, manifestano sintomi più importanti come disturbi neurologici. Sono, purtroppo, le manifestazioni tipiche dell’encefalite, la Tbe, che anche in Trentino mostra una tendenza all’aumento dei casi e un’estensione delle zone a rischio. Altra patologia che può essere trasmessa all’uomo dalle zecche è la malattia di Lyme che, però, per fortuna è perfettamente controllabile con l’utilizzo di antibiotici, anche perché di facile diagnosi, visto che l’infezione si manifesta quasi sempre con un evidente eritema cutaneo a chiazze rosse che compaiono e scompaiono ripetutamente».

Come si possono cercare di evitare queste complicanze?

«Innanzitutto, se si è appena trascorsa la giornata in una zona boscosa o sui prati, controllare tutta la superficie corporea prima di andare a dormire e se si riscontra la presenza di una zecca estrarla immediatamente con delle pinzette. Per le categorie a rischio esiste la possibilità di vaccinarsi contro la Tbe. Per esempio i nostro forestali sono tutti vaccinati e non si registrano ormai da tempo casi di encefalite che, invece, continuano a colpire in particolare gli agricoltori che sono tra le categorie più esposte».

Oltre alla zona dei laghi di Lamar, quale altre aree del Trentino sono a rischio endemico?

«Diciamo che tutto il Trentino va considerato a rischio. Ultimamente abbiamo diverse segnalazioni dalla Val di Non e dalla Val di Cembra, mentre i casi di Tbe nella zona dei laghi di Lamar e Cavedine sono leggermente diminuiti, probabilmente perché in quell’area alcune fasce della popolazione hanno provveduto alla vaccinazione.

Una zona ricca di laghi, e dunque umida, a quote basse, sotto i 1500 metri, rappresenta un ambiente ideale per le zecche che sopravvivono meglio in zone ombrose, lontano dall’esposizione diretta al sole. Gli animali rappresentano un veicolo “essenziale” e, specie, i roditori selvatici presenti proprio lungo i laghi sono portatori di queste zecche».













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