l’operazione

Presi i grossisti della coca a Cristo Re

Smantellata una banda di albanesi e tunisini che vendeva agli spacciatori. Di giorno facevano gli autisti, di notte i trafficanti



TRENTO. Di giorno guidavano il camion o il furgone per consegnare pacchi in giro per la città, lavoravano come artigiani o operai. Magari andavano a prendere i figli a scuola. Ma poi, il pomeriggio o la sera confezionavano dosi di cocaina o eroina nelle cucine delle loro case, in anonimi e normali condomini di via Stoppani e via Fratelli Fontana a Cristo Re o di Gardolo. E poi rifornivano gli spacciatori di mezza città, quelli che vendono al dettaglio la droga in piazza Dante e nelle zone più periferiche. Avevano messo in piedi una vera e propria organizzazione con base nelle loro case di normali famiglia di immigrati regolari con tanto di famiglia. Ma non avevano fatto i conti con gli uomini della squadra mobile di Trento e del nucleo di polizia giudiziaria della polizia presso la Procura di Trento.

Gli agenti sono entrati in azione l’altra notte e hanno arrestato 15 persone, albanesi e tunisini, un’altra persona è finita agli arresti domiciliari a Rovereto e altre sei persone erano state arrestate nel corso delle indagini. Molti sono stati arrestati sotto gli occhi dei figli increduli. Altre quindici persone sono state denunciate a piede libero. In tutto sono coinvolte 52 persone e sei sono i ricercati. Sono stati sequestrati quasi chili di droga, un chilo e 700 grammi di cocaina e 2 chili e 200 grammi di eroina. Contando che con un grammo di cocaina si confezionano due dosi e che una dose viene venduta a un prezzo che va dai 50 ai 70 euro, il valore della droga sequestrata si aggira intorno agli 800 mila euro.

La droga sul mercato poteva fruttare fino a 800 mila euro Ecco come era organizzata la banda dello spaccio: speravano di arricchirsi in fretta

Il colpo mortale la polizia l’aveva portato proprio in maggio quando la polizia aveva sequestrato in una casa di via Fratelli Fontana un pane di un chilo e 400 grammi di cocaina. Se fossero riusciti a smerciarla avrebbero fatto l’affare della vita, ma invece hanno perso quello che per loro era un grosso investimento. Quella droga, infatti, l’avevano acquistata a Brescia per parecchie decine di migliaia di euro. E la banda considerava questa proprio un’attività economica. Mettevano insieme i loro risparmi per andare a comprare la droga in Lombardia e poi confezionavano le dosi che vendevano agli spacciatori nordafricani che poi andavano a rifornire le piazze più attive. Una vera e propria catena di montaggio che è stata smantellata dalla polizia a partire da un piccolo episodio di estorsione che si era verificato nel maggio 2015. Da quell’episodio minore gli uomini coordinati dal pubblico ministero Davide Ognibene e dai vicequestori aggiunti Salvatore Ascione e Paolo Grossi hanno dipanato la matassa che ha portato a trovare tutti i componenti dell’organizzazione.

Gli agenti prima hanno capito che molti degli spacciatori, quelli che in gergo vengono definiti «cavalli» si rifornivano da una stessa organizzazione. Da questa intuizione investigativa si è passati a ricostruire in maniera certosina l’organizzazione. cI capi erano tre albanesi Jkup Gjeci, Sajmir Korriku, Erjon Merhani.

Erano loro a coordinare l’attività. Sotto di loro c’erano una mezza dozzina di albanesi e tunisini che andavano a rifornirsi di droga e poi la vendevano all’ingrosso.













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