Parco Adamello Brenta: consulenze nel mirino 

La Corte dei Conti indaga su un possibile danno erariale di oltre 62 mila euro Coinvolti l’ex direttore Silvio Bartolomei e i componenti dell’allora giunta



TRENTO. Oltre 62 mila euro di consulenze da chiarire, per il Parco Naturale Adamello Brenta, all’epoca della direzione Bartolomei. Chiamato a fornire spiegazioni, innanzitutto, l’allora direttore del Parco Silvio Bartolomei: il danno erariale sarebbe stato, per la gran parte, commesso proprio da lui; un 67% poiché Bartolomei avrebbe svolto un ruolo di primo piano nell’affidamento delle consulenze di cui si chiedono spiegazioni. Un 15% di responsabilità da chiarire è invece a carico del sostituto direttore del Parco, Massimo Corradi. L’ingegnere dovrà spiegare perché avvallò quelle spese e ne determinò poi di successive. I componenti dell’allora Giunta esecutiva del Parco hanno un carico di responsabilità minore, del 2%. Anche loro dovranno fornire delle spiegazioni circa le consulenze contestate. Si tratta di Joseph Masè, Floro Bressi, Fausto Cattani, Ruben Donati, Matteo Masè, Matteo Motter, Ivano Pezzi, Bruno Simoni, Stefano Zanini, oltre a Silvio Bartolomei e a Massimo Corrdi.

La Corte dei Conti di Trento indaga su un presunto danno erariale che sarebbe stato commesso durante le poche settimane in cui Silvio Bartolomei ricopriva l’incarico di direttore del Parco Naturale Adamello Brenta. La Procura regionale intende chiarire natura e scopo delle consulenze in questione confrontando anche le posizioni degli allora membri della giunta esecutiva. Negli ultimi anni, l’ente Parco è stato oggetto di numerose attenzioni, a livello politico ed amministrativo, per questioni interne, di carattere organizzativo, di gestione del personale e delle risorse.

Quest’ ultima indagine, da parte della Corte dei Conti, nasce da un esposto del 2016 di “ Associazioni Naturali del Trentino” nel quale si faceva presente come il Parco avesse acquistato una serie di servizi informatici di una certa rilevanza economica senza apparente necessità. I fatti risalgono al 2016, al tempo in cui direttore del Parco era Silvio Bartolomei, padovano che ricoprì l’incarico dagli inizi del novembre 2016 per poi dimettersi a metà del mese di gennaio dell’anno successivo. L’esposto all’origine dell’indagine avrebbe evidenziato un conflitto di interessi: direttore padovano, società di fornitura servizi telematici padovana in seno alla quale, tra l’altro, Bartolomei avrebbe avuto anche un rapporti di affari.

La cifra spesa (erogata dall’ente Parco), in più trance, supera i 62 milioni di euro. Sarebbe servita all’acquisto di hardwere e software di cui l’ente Parco non avrebbe avuto effettiva necessità e di cui non aveva nemmeno preventivato la reale utilità per il miglioramento del lavoro interno. Si trattava quindi di servizi che non solo erano stati forniti senza entrare appieno in funzione, ma che andavano anche, progressivamente, implementati. La voce di spesa per questi servizi informatici sarebbe stata dunque destinata costantemente a lievitare. Il tutto senza che i nuovi acquisti fossero utili al lavoro per il quale erano stati comprati. Non erano mai pronti, mai completamente operativi. Mancava sempre una qualche componente affinché il sistema potesse operare. Questo avrebbe significato, quindi, nuovi ordini, nuovi aggiornamenti, nuovi corsi per il personale. In sostanza, dall’entrata nel Parco del direttore Bartolomei, le spese e gli incarichi sarebbero lievitati in modo non giustificabile, rispetto alle reali esigenze. (f.q)













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