il caso

Ora gli albergatori diventano guide turistiche: e scoppia la polemica

Con la riforma della Provincia, gli imprenditori possono accompagnare i clienti. Alimonta: «Meglio affidarsi ai professionisti»


di Giuliano Lott


TRENTO. Sul cavallo di Troia della riforma del turismo, è passato al vaglio del consiglio provinciale un articolato che prevede la possibilità per gli albergatori trentini di proporsi ai propri clienti come accompagnatori per escursioni in cui non sussistano difficoltà di tipo alpinistico, ponendo come limite indicativo (ma nel dispositivo finale non risulterebbe) i 1.800 metri di quota. Il tutto senza alcun percorso formativo alla base. Nella discussione in aula, Piero De Godenz ha ricordato che spesso l'albergatore nei percorsi semplici accompagna da sempre il cliente. Il settore va quindi liberalizzato, secondo il consigliere, perché c'è troppa burocrazia. Sul tema, passato in sordina, si è sviluppato un dibattito sotterraneo tra chi vede di buon occhio la sburocratizzazione di un settore che va rilanciato e chi invece teme che l’offerta turistica trentina nel suo complesso ne esca dequalificata, dopo anni in cui si è teso all’eccellenza finanziando corsi di formazione obbligatori per guide alpine e accompagnatori di territorio.

Il presidente del soccorso alpino, Adriano Alimonta, affronta l’argomento dal punto di vista di chi interviene in montagna per togliere le castagne dal fuoco a chi si trova in difficoltà. «Dei circa mille interventi all’anno in Trentino - spiega Alimonta - circa il 65-70% riguarda escursionisti, che rappresentano anche la stragrande maggioranza dei frequentatori della montagna. Va pure detto che i nostri interventi non annoverano solo gli incidenti con lesioni, come gambe o ossa rotte, ma anche malori, ritardi (quando ci si ritrova al buio e senza riferimenti) e perdita dell’orientamento. Quello che posso dire è che quando c’è una figura professionale che accompagna l’escursionista o la comitiva, la probabilità di interventi di soccorso si abbassa di molto, e certe casistiche (come ritardi e perdita di orientamento) addirittura non si verificano. Il nostro consiglio, ma lo stesso lo può dire il Cai, la Sat, l’Accademia della montagna, o qualsiasi ente che si occupa della montagna vissuta in maniera responsabile, è di affidarsi a professionisti o persone esperte. Più sono esperte, minore è la probabilità di incidenti».

L’escursionista è così temerario e incosciente da incorrere spesso nella necessità di ricevere soccorsi? «Innanzitutto, la quota c’entra fino a un certo punto. Una difficoltà da superare la si può trovare anche a poche centinaia di metri. Gli incidenti nascono dalla non consapevolezza dei rischi e dalla scarsa praticità di un ambiente impervio. L’escursionista è in generale più estemporaneo, spesso affronta la montagna senza capire bene dove sta andando e così facendo ne sottovaluta i rischi. Inoltre, gli escursionisti sono tanti. Per questi motivi, dal punto di vista statistico, gli interventi di soccorso sono più frequenti per loro. Il soccorso alpino è un servizio pubblico, che si presta a tutti coloro che ne abbiano bisogno. Certo, ha dei costi, e lavorare bene sulla prevenzione dei rischi limita i danni e anche le spese per l’ente pubblico». Dunque la prospettiva di assimilare gli albergatori a delle guide ha un suo senso? «In realtà sono un po’ sorpreso da questa scelta, ma è pure vero che gli albergatori, se sono davvero tali, sono dei conoscitori del territorio. In generale però credo che ognuno debba fare il proprio mestiere. Se iniziamo a divulgare conoscenze contraddittorie e confusionarie non facciamo un buon servizio alla sicurezza»













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