rovereto

Ogni anno ottanta bici senza padrone

Il fenomeno dei “furti d’uso” e degli abbandoni: quasi mai i proprietari si preoccupano di sporgere denuncia


di Giuliano Lott


ROVERETO. Sono circa ottanta all’anno le biciclette ritrovate dai vigili urbani, o consegnate al comando da chi le ha trovate abbandonate, senza che nessuno faccia richiesta di rientrane in possesso. «Al momento, per l’anno in corso, ne abbiamo raccolte una cinquantina - spiega l’ispettore Antonio Massa della polizia municipale, che coordina l’ufficio oggetti smarriti - ma la media si aggira sulle 80 all’anno. Prima di suscitare speranze infondate, va detto che in gran parte si tratta di biciclette vecchie, un po’ scassate. È difficile che quelle di alto pregio vengano abbandonate, capita rare volte. Più spesso invece se ne perdono le tracce».

La procedura seguita dalla polizia municipale prevede una serie di verifiche per risalire al proprietario: «Per prima cosa facciamo un controllo e verifichiamo se la bici abbia installato il microchip che contiene i dati del proprietario. Purtroppo, benché sia stata lanciata una campagna per diffondere questa pratica, proponendo il chip a un prezzo calmierato, pochi l’hanno sfruttata. Come secondo passo, verifichiamo l’eventuale corrispondenza della bici trovata con le denunce di furto, risalendo a molto mesi precedenti il ritrovamento».

Ma anche qui c’è un inghippo: la polizia municipale non ha accesso al cosiddetto Sdi, il registro nazionale dei furti di cui dispongono quasi tutte le porze di polizia. Tutte, tranne le polizie locali. «Ne deriva -racconta Massa - che se il derubato ha sporto denuncia in un’altra città o in un’altro comando, ad esempio dei carabinieri o della polizia, noi non possiamo saperlo. La verifica è possibile sono con il nostro registro delle denunce». La casistica dice che quasi sempre è il cittadino a notare nei pressi di casa una bici che viene rubricata come “velocipede abbandonato”.

«Queste segnalazioni vengono sempre verificate. A volte può essere che un proprietario l’abbia lasciata di proposito parcheggiata fuori dalla propria zona con l’intento di recuperarla, e per questa ragione controlliamo per più giorni se la bici segnalata viene portata via o meno. Quando abbiamo la certezza che si tratta di una bici abbandonata dopo un cosiddetto “furto d’uso”, la portiamo negli scantinati del comando di via Parteli». Dove quasi senza deroghe la bici rimane fino a quando viene affidata, assieme a decine di consimili, alla Riciclofficina, che le utilizza come pezzi di ricambio.

Fino a qualche anno fa si usava istruire un’asta giudiziaria per le bici rimaste senza padrone, ma la procedura si è rivelata fallimentare. Pochissimi gli acquisti all’incanto, a fronte di ingenti spese burocratiche. Così ora le bici non reclamate passano dal deposito di via Parteli a un utilizzo “sociale”. In teoria, chi ha ritrovato una bici abbandonata potrebbe diventarne il proprietario. «È previsto dalla legge - spiega l’ispettore Massa - ma non capita quasi mai. Le bici che rimangono qui sono per l’appunto male in arnese e non fanno gola a nessuno».

E quando qualche oggetto smarrito che viene reclamato? Non è prevista una ricompensa per chi lo ha ritrovato? «Certo, anche questo è stabilito dalla legge, in ragione del 10% del valore della merce ritrovata, fino a una stima di 50 euro, e il 5% per la merce che vale più di 50 euro. La maggior parte degli oggetti trovati ha una valutazione media tra i 50 e i 100 euro, quindi la ricompensa si aggira attorno al 7,5%. In genere la pretendono solo quelli che trovano gioielli».

Quelli almeno ritrovano i proprietari? «Spesso sì. In un caso, siamo risaliti al proprietario di una fede nuziale: dentro c’era una data e un nome di battesimo. Verificando i matrimoni di quel giorno abbiamo trovato due persone che corrispondevano. Una in effetti l’aveva perduta. In quel caso il rinvenitore è stato ricompensato».













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