Messner: «Ho scritto un film sulle Dolomiti»

L'ultima idea del Re degli Ottomila: può essere la svolta per il turismo di montagna


Maurizio Di Giangiacomo



BOLZANO. Un film sulla vita della gente di montagna sulle Dolomiti, liberamente tratto dalla storia dei suoi nonni e dei suoi genitori, dal 1880 ad oggi. È l'ultima idea di Reinhold Messner, che ne ha già scritto la trama e crede che potrebbe essere uno degli elementi fondamentali della campagna promozionale tratteggiata qualche giorno fa assieme al governatore del Veneto, Luca Zaia, ed al vicepresidente del consiglio regionale veneto, il leghista Matteo Toscani, già sindaco di Valle di Cadore, non distante da Cibiana, dove sorge uno dei musei della montagna del Re degli Ottomila.
L'idea di Zaia, Toscani e Messner è promuovere le Dolomiti (quelle Bellunesi) assieme a Venezia, nella speranza di portare all'ombra del Civetta e del Lagazuoi almeno parte delle migliaia di giapponesi e americani che affollano tutti i giorni piazza San Marco. Un progetto al quale, secondo Messner, dovrebbe prendere parte anche l'Alto Adige, sull'esempio di quanto sta succedendo in vista del 2019, anno che vedrà il Nordest (e anche il Trentino Alto Adige Südtirol) capitale europea della cultura.
«Io delle Dolomiti sono testimonial già da diversi anni - spiega Messner -, anche con il museo sul Monte Rite, nella parte più grande e più bella delle Dolomiti, quella bellunese, che però potranno ambire a diventare una destination solo se si legheranno a Venezia. Solo così, potranno attrarre turisti dall'Asia e dagli Stati Uniti. Americani e giapponesi oggi, dopo aver visitato Venezia, vanno a vedere le montagne di Zermatt e Grindelwald. Nei miei giri ne trovo tantissimi sullo Jungfraujoch, sotto l'Eiger. In Alto Adige arrivano i turisti europei, ma se vogliamo un turismo davvero internazionale dovremo pensare a pacchetti che offrano uno scalo aereo, Venezia e le Dolomiti».
Ma come nasce questo suo rapporto preferenziale con il Veneto?
«Conosco da anni Matteo Toscani, a lungo sindaco di Valle di Cadore, un paese che non ha turismo, che non ha industria, dove l'agricoltura non regge. Come Cibiana, che però è risorta con il mio museo. Il turismo può essere una speranza per queste valli. Ma i turisti europei sono convinti che le Dolomiti ci siano solo in Alto Adige: glielo abbiamo fatto credere noi altoatesini, ci siamo riusciti perché abbiamo salvato l'agricoltura di montagna. Per questo mi arrabbio quando scoppiano polemiche come quelle per la strada di Antersasc. Quella malga è stata costruita nell'unico punto dove c'era l'acqua, nell'unico punto al riparo dalle valanghe. Quella malga - con la sua strada grande quello che basta per un trattore, con la testimonianza di chi ci ha lavorato - è un patrimonio importante quanto le montagne che la sovrastano. Dal 2002 la mia filosofia è chiara: accanto alla wilderness bisogna tener conto anche del valore culturale del lavoro dell'uomo, del suo know how; salvaguardiamo i luoghi dove l'uomo non è arrivato, quello che l'uomo non ha ancora toccato, ma anche l'economia che ha portato l'uomo a raggiungere quei limiti».
Cosa ha intenzione di fare, per la promozione di Venezia e delle Dolomiti?
«Prima finisco il mio museo, che ormai si estende dal Bellunese (Monte Rite) all'Alto Adige (Solda, Castel Firmiano e Brunico). Un museo che sarà a disposizione di tutti, sarà il sottofondo culturale della mia operazione, un'omaggio alla mia terra. È il museo privato più grande del mondo, e non ho avuto un euro di sovvenzioni pubbliche. Inoltre, in più di un'occasione ho messo la mia immagine a disposizione gratuitamente per la promozione delle Dolomiti. Se Zaia mi chiamerà a farlo ancora io ci andrò. Ma quello che vorrei fare è un film dedicato alla vita sulle Dolomiti dal 1880 ad oggi - rivela in anteprima all'Alto Adige Messner -. Ne ho già scritto la trama, trae libero spunto dalla mia storia famigliare. Storie come quella del mio nonno materno Franz Troi, partito a piedi scalzi da Colle Santa Lucia, emigrato a New York dopo aver lavorato alla costruzione della statale delle Dolomiti, tornato in Alto Adige per nostalgia delle montagne e sposatosi a Funes; e quella di mia nonna materna, che viveva in una valle poco distante da Antersasc (com'è piccolo il mondo... ndr) s'è imbattuta in quel bracconiere della Val di Funes. Voglio raccontare le Dolomiti attraverso le loro storie, tutto in lingua originale, con i sottotitoli: non sarà un problema, perché la gente di montagna parlava poco, sapevano capirsi con uno sguardo. È un film che può essere la chiave di volta per la promozione del turismo dolomitico, ma non posso farlo con i miei soldi, ho bisogno del sostegno finanziario delle tre Province».
Torniamo alla campagna promozionale pensata dal Veneto: ritiene che dovrebbe prendervi parte anche la Provincia di Bolzano, per promuovere anche le sue Dolomiti?
«Io credo che Zaia sia già d'accordo con Dellai e Durnwalder. Io sono altoatesino, ma ormai ho una gamba nel Bellunese. A Bolzano devono imparare a collaborare».
Come si sta facendo per il Nordest capitale europea della cultura?
«Sì, esattamente alla stessa maniera. Ma a Bolzano c'è troppa gente che frena».
A chi si riferisce? A chi non ha condiviso la partecipazione a quel progetto?
«Mi viene subito in mente Benedikter, che ha fatto un partito per Bolzano ed è sempre lì che dice no a tutto. A quello che hanno fatto i Verdi contro il mio museo di Castel Firmiano, i capelli bianchi mi sono venuti tutti in quell'occasione. Noi non siamo Venezia, che ha un grosso richiamo in tutto il mondo, dobbiamo rispettarla. E se non riusciremo a salire su questo treno, sarà solo colpa nostra - conclude Messner -. L'Alto Adige ha senza dubbio dei punti di forza, ha salvaguardato l'economia della montagna, ma non è al centro del mondo».

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