la tragedia

Mariaclara salva 5 vite: in Italia e Austria gli organi donati dalla ragazza morta a 25 anni

Grazie alla giovane uccisa da un aneurisma cinque persone possono tornare a sperare



BOLZANO. Cinque telefonate in Italia e in Austria. Ad altrettanti malati, in attesa da mesi o più realisticamente da anni di un nuovo organo, che grazie a Mariaclara D’Apolito, 25 anni, morta improvvisamente in palestra, hanno già iniziato una nuova vita.

Ai genitori della giovane - entrambi molto conosciuti in città perché la mamma Costanza Giatti è giudice di pace e il padre Stefano D’Apolito è un noto avvocato - che nel momento più difficile della loro vita, quando mercoledì sera i medici del San Maurizio hanno dovuto dire loro che non c’erano più speranze, hanno trovato la forza di dare l’assenso alla donazione, resta la consolazione - piccola forse in questo momento perché il dolore è troppo grande - che non tutto è finito. C’è qualcosa di quella giovane, bella, brillante con una laurea in Giurisprudenza appena conseguita, che continuerà a vivere.

«Sono convinto - dice Bruno Giacon, primario di nefrologia del San Maurizio e responsabile provinciale dei trapianti che ha seguito il lavoro dei diversi reparti del San Maurizio, in primo luogo della squadra di Rianimazione diretta da Peter Zanon, e coordinato l’arrivo delle equipe da Roma e Innsbruck , tutti impegnati a far sì che la donazione degli organi andasse a buon fine - che il gesto di grande generosità di questi genitori servirà, oltre che a ridare la vita a chi era in lista d’attesa, ad aumentare la sensibilità della popolazione verso un tema molto delicato com’è quello della donazione. Nel 2015 abbiamo avuto in Alto Adige dieci famiglie che hanno dato l’assenso. Quest’anno a Bolzano è la prima, che si aggiunge ad un’altra di qualche tempo fa a Bressanone. Il calo è dovuto in parte - fortunatamente - alla diminuzione degli incidenti e ai passi da gigante compiuti dalla medicina; ma anche a qualche opposizione che abbiamo dovuto incassare».

Giacon parla da padre e da medico: «Quando i familiari negano il loro assenso alla donazione, rispetto ovviamente la scelta, ma penso anche a chi, magari da anni, attende “quella” telefonata che avrebbe potuto arrivare e invece non arriverà più. Perché per qualcuno di loro, quel “no” significa la fine di ogni speranza. Allora mi dico che non abbiamo fatto abbastanza per informare bene la popolazione e dobbiamo impegnarci di più: solo in Alto Adige sono una quarantina i pazienti in attesa di un nuovo organo ». Kilian Bedin, 46 anni bolzanino, vicedirettore dell’Ufficio rifiuti della Provincia e nuovo presidente dell’Aido provinciale, sono sei anni che aspetta la “telefonata” che gli consentirà di lasciare la dialisi, alla quale deve sottoporsi tre volte alla settimana, e tornare ad una vita finalmente normale. Dopo il trapianto di rene - ricevuto dalla madre e una “tregua” durata otto anni - dal 2010, dopo il rigetto, è di nuovo in lista d’attesa. «Per questo forse più di altri apprezzo il gesto fatto dai genitori di questa ragazza e li ringrazio per una scelta difficilissima in un momento in cui il mondo ti crolla addosso. Purtroppo, lei non c’è più, ma qualcosa di lei continuerà a vivere». Non è retorica, ma la speranza che darà la forza ai genitori di andare avanti.













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