Lacrime e rabbia per Yuranis e Michaele

La cerimonia funebre nella chiesa della Sacra Famiglia. La mamma del ragazzo è stata colta da malore e soccorsa dal 118



ROVERETO. Troppo grande il dolore, troppo grande lo stress. La mamma di Michaele Emmanuel Ocampo Ballestas non ha retto e ieri sera, durante la messa celebrata nella chiesa della Sacra famiglia in ricordo di suo figlio e della moglie Yuranis Jimenez Cuadrado, uccisa mercoledì mattina prima di togliersi la vita, la povera donna s’è sentita male ed è stata portata fuori dal tempio quasi di peso. Poi soccorsa dai sanitari del 118 di Rovereto e trasportata in ospedale, s’è fortunatamente ripresa. La celebrazione, voluta dai coristi e dagli ex coristi del coro Bianche Zime per ricordare il maestro Remo Manica, è diventata una sorta di funerale per i due ragazzi, ritratti felici in una foto messa i piedi dell’altare e circondata da fiori. Tanti gli amici presenti accanto ai familiari di Michaele. Per Yuranis, invece, nessun parente è ancora giunto dalla Colombia. Grande la commozione e il dolore. «Non siamo qui per condannare – ha detto il decano don Sergio Nicolli – ma per ricordare due giovani vite spezzate». Nessuna condanna è stata espressa nemmeno da uno degli amici della coppia che, provato e commosso, ha letto poche righe per Yuranis, ragazza dal sorriso solare capace di conquistare chiunque la incontrasse e infondere serenità. Più diretta, Yamila Pedemonte, grande amica di Yuranis, che ha consegnato alla nostra redazione una lettera, parlando senza giri di parole di “femminicidio”.

«Querida Yranis/Carissima Yuranis – scrive – eri bella, sorridente, allegra, con quel modo di fare molto colombiano che ad altri sembra quasi cerimonioso da quanto è educato e di buone maniere; eri vitale, giovane, fresca, sembravi innamorata della vita... E poi giovedì vedo la tua foto sul giornale, tutte quelle immagini le avevo già viste in Facebook e ovviamente non avevo avuto dubbi, eri tu...ma questa volta non eri col tuo cagnolino o a ballare con tuo marito. il giornale diceva che eri stata ammazzata da lui, assassinata nel sonno, a casa tua, dalla persona che diceva di amarti e nel posto che per tutti dovrebbe essere il più sicuro al mondo. Ti avevo vista appena sabato scorso, io ero alla gelateria di fronte al bar di fronte al bar in cui lavoravi e ti vedevo andare avanti e indietro con i caffè e le bibite, non ho voluto disturbarti, stavi lavorando...adesso mi pento, avrei voluto avere il tuo sorriso ancora una volta, vederti sorridere era sempre una ventata di aria fresca in questa città dove a volte nessuno sembra vedere nessuno. Quanta tristezza sapere della tua morte, quanta impotenza! E quanta rabbia che questa cerimonia (quella di ieri sera ndr) ti sia stata fatta insieme a lui, con la vostra foto insieme, come se si trattasse di un tragico incidente stradale. No, mi rifiuto di accettare questo, la vostra NON è la storia di Romeo e Giulietta, in questa storia non c’è niente di romantico, non possimao chiamare amore la violenza di un uomo su una donna inerme, innamorata e inconsapevole dell’aggressione che sta per subire. Lui non merita le lacrime che oggi e in questi giorni abbiamo versato per te, lui ha scelto la sua e la tua morte, tu no. Tu avevi scelto di vivere, di lavorare, di studiare (ricordo di averti aiutata a tradurre la lettera per la facoltà di economia), di fare una famiglia, di credere in Dio, quel dio che ogni tanto invocavi chiedendo forza...perché grazie al social network abbiamo ancora le tue preghiere e in alcune si può quasi intuire il dolore che forse vivevi in silenzio. So che la tua famiglia (li ho sentiti) è d’accordo con me nel fatto di non celebrare i funerali insieme e questa lontananza, questa morte avvenuta in un altro paese, lontana dai genitori e dalla famiglia in generale somma tristezza alla tristezza. Perché morire a causa di chi ha promesso di amarti è terribile, ma morire in un’altra nazione, lontana da casa e dai propri cari aumenta esponenzialmente il dolore. Questa volta i media non hanno sottolineato il fatto che la tragedia sia avvenuta all’interno di una famiglia di stranieri, se si fosse trattato di droga o prostituzione avrebbero scritto “coppia di colombiani”, ma questa volta no, perché la violenza machista non conosce nazionalità, non conosce razza, livello sociale, religione, età... Sono solo donne che muoiono per mano del marito, dell’amante, del compagno...e tutte le volte si parla di “raptus, tragedia, fatto inspiegabile”. Invece, credo che dobbiamo abituarci a trattare questi casi come una vera e propria emergenza sociale, perché tu Yuranis sei come Melania Rea, come Marilia Rodrigues, Ilenia, Graziola, Lucia Bellucci e come tante altre. Anche oggi, mentre scrivevo questa lettera si è aggiunta un’altra donna uccisa a Roma dal suo compagno. Secondo “La Stampa”, in questo 2013 sono più di cento i casi di femminicidio in Italia. Femminicidio, così con la maiuscola e con tutte le sue lettere. Ti ricorderò sempre Yuranis, il “cariño” che hai sempre dimostrato al mio figlioletto colombiano mi fa stare qui ora, per te, il tuo sorriso mi accompagnerà per sempre. Buen viaje parcerita!»

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