L’incendio non ha fermato la «Moser» e le polemiche

Dopo il rogo nel capannone, l’azienda di Lavis ha già ripreso la sua attività ma ancora si discute sul potenziamento della rete di idranti in zona industriale


di Daniele Erler


LAVIS. Già ieri mattina, in via Galilei nella zona industriale a Lavis, sono riprese le attività nella sede della ditta «Marino Moser & Figli», coinvolta nell'incendio di venerdì notte. Il capannone devastato dalle fiamme è quello est. Il rischio di un crollo della struttura è stato scongiurato, ma un’ordinanza urgente del sindaco ha comunque interdetto l’accesso alla zona, in attesa che i riscontri siano conclusi. I periti sono attesi in settimana: a loro spetterà il compito di determinare quali parti del capannone potranno essere recuperate, quali invece vanno abbattute.

«La zona sequestrata – ha spiegato il proprietario dell’azienda, Giorgio Moser (è anche presidente del Trento calcio) – è solo un quarto dell’intera azienda e l'incendio non comprometterà il nostro lavoro». Sono più di trenta le persone che lavorano qui: «Nonostante l'incendio, nessuno – assicura il proprietario – è a rischio occupazione».

Nel frattempo, a tener banco è la discussione sulla sicurezza della zona industriale di Lavis. Nel 2006, un incendio devastante aveva coinvolto la «Ricicla Trentino». Com’era successo in quel caso, anche nella notte fra venerdì e sabato i vigili del fuoco hanno dovuto affrontare problemi relativi alla scarsa portata d’acqua degli idranti. Nel 2009, la giunta aveva stanziato più di 21.000 euro per uno specifico studio, realizzato dall'ingegnere Roberto Condini, sulla rete antincendio nella zona industriale di Lavis. In esso si evince che la rete di via Galilei è non solo recente, ma anche adeguata all’uso antincendio. «Nella zona – spiega l'assistente tecnico dell'ufficio reti del Comune Franco Detassis – le tubazioni hanno un diametro di 150 millimetri, adeguato all'uso antincendio». La rete è alimentata dal serbatoio sul Bristol, nel centro abitato. Tubi di 200 mm, che salgono lungo via Paganella, portano l'acqua sino alla zona industriale. «L’acqua – continua Detassis – si muove in tubi che sono disposti come dei rami d'albero. Con la presenza del solo collegamento di via Paganella, l’acqua fa più fatica a raggiungere gli ultimi rami, e, in caso di un uso straordinario, si possono verificare problemi di portata». Proprio per questo, lo studio di Condini suggeriva la possibilità di collegare le reti idriche della zona industriale est e di quella ovest attraverso una chiusura ad anello delle tubazioni, che possa garantire l'approvvigionamento dell'acqua da due differenti rami. Lo studio quantificava il costo dell’intervento in più di 5 milioni. A oggi, solo parte dei lavori è stata realizzata: l’amministrazione ha bisogno di altri fondi per poter portare a termine il collegamento idrico. Un’altra soluzione, presa in considerazione dallo studio di Condini, riguarda l’opportunità di provvedere la zona di specifici pozzi, che potrebbero essere utilizzati in caso di emergenza.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano