L’Argentario rivuole le “case chiuse”

Sì unanime all’ordine del giorno della Lega: «Il Comune si attivi per regolamentare il settore: vantaggi anche per il fisco»


di Martina Bridi


TRENTO. La prostituzione, ampiamente diffusa anche a Trento, è un fenomeno che non conosce crisi e i numeri del “settore” sono davvero da capogiro. Si stima che in Italia ci siano 70 mila prostitute, di cui l’80% straniere provenienti da oltre 60 Paesi differenti. Un 20% di loro sono minorenni e un altro 20% sono vittime del racket. A scambiare prestazioni in denaro con pratiche sessuali ci sono donne, uomini e transessuali. Sono 30 mila quelle che lavorano in strada, mentre il resto esercita in casa. Con 9 milioni di clienti all’anno (di cui l’80% chiede rapporti non protetti), il mestiere più antico del mondo genera un giro d’affari di 90 milioni al mese, oltre 1 miliardo all’anno. Questi i dati trasmessi dalla Caritas nel 2008.

Per contrastare i tanti problemi causati dalla prostituzione, secondo molti una soluzione potrebbe essere la riapertura delle case chiuse. E l’idea trova il suo sostegno nella collina est di Trento, dove martedì sera i rappresentanti dei cittadini residenti nella circoscrizione dell’Argentario (dove il consiglio è a larga maggioranza di centrosinistra) hanno votato favorevolmente - e all’unanimità - un documento proposto dal consigliere Luca Boscaro (Lega Nord) con la quale si invitano giunta e consiglio comunale a ripensare alla riapertura delle case di tolleranza. Chiuse in tutta Italia a seguito della legge Merlin del 1958, sono invece presenti in molti Paesi dell’Unione europea come Austria, Germania, Spagna, Regno Unito e Olanda.

«In questo periodo si parla tanto di lotta all’evasione fiscale: perché non partire proprio dalla regolamentazione della prostituzione?», si domanda Boscaro. A suffragare la sua proposta anche i consiglieri della maggioranza, tra cui Annelise Filz, avvocato e già Consigliera di parità e poi presidente della Commissione provinciale pari opportunità: «C’è molta ipocrisia di fronte all’argomento, ma i numeri parlano chiaro e dimostrano l’entità del fenomeno nonché l’urgenza di affrontare la questione per risolvere tutta una serie di problemi correlati alla prostituzione quali sfruttamento, degrado sociale, criminalità». Ma non si tratta solo di togliere le prostitute dalle strade e di far fare cassa allo Stato attraverso l’emissione di ricevute fiscali a fronte delle “prestazioni” erogate ai clienti: «Dietro a tutto questo ci sono storie di donne attirate in Italia con l’illusione di una vita migliore o obbligate dai mariti a lavorare sulla strada - prosegue la Filz- ma ci sono anche donne che scelgono volontariamente di prostituirsi ed è giusto fare qualcosa per proteggere loro e i clienti dal punto di vista sanitario: regolamentare cioè questo tipo di prestazioni come lavoro autonomo o sottoforma di cooperative, contrastando così la criminalità” continua la Filz.

«È fondamentale tutelare i minori e le persone che si trovano in difficoltà - commenta Francesco Crepaz del Pd - quindi l’idea di riaprire le case chiuse può rivelarsi buona e non solo di facciata, se la scelta di praticare questo tipo di professione è libera e non l’unica alternativa che una persona si trova costretta ad accettare». Resta ora solo da capire se i consiglieri sarebbero altrettanto favorevoli alla collocazione di una casa chiusa sul territorio della loro circoscrizione.

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