I gioielli nascosti della chiesa di Campi

Sulle tavole di legno dell’organo disegni e scritte lasciati dai soldati tra il periodo garibaldino alla Prima guerra mondiale


di Donato Riccadonna


RIVA. Spesso i tesori si nascondono in alcuni dettagli e ci vuole un buon occhio, un buon fiuto e un pizzico di fortuna per saperli cogliere. E’ il caso clamoroso delle scritte che si trovano nella chiesa di San Rocco di Campi. Teniamo presente che la chiesa risale al 1827 e che nel 1839 fu completata con il campanile e nel 1853 con l’organo.

Lo strumento musicale arrivò per merito del curato don Michele Boccagni da Legos, evidentemente grande cultore di musica visto che si dice fosse anche stato il promotore della costruzione del primo organo della chiesa di Riva del Garda. Sta di fatto che l’organo di Campi doveva essere di prim’ordine con i suoi 1400 suoni che uscivano dalle canne di piombo e argento; fu utilizzato fin verso il 1920, ma c’è chi ricorda un ultimo utilizzo attorno al 1939-40 ad opera di un certo Clemente da Pranzo. Poi l’inevitabile degrado e l’abbandono più completo.

Da un sopralluogo di alcuni anni fa da parte di funzionari provinciali sembra sia emersa una condanna definitiva all’oblìo vista la spesa per il suo recupero che potrebbe aggirarsi sui 100.000 euro. E nemmeno dopo il restauro completo della chiesa durato una decina di anni dal 2000 al 2010, si è potuto far nulla. Ma questo abbandono totale può essere il motivo della conservazione delle scritte. Infatti durante le grandi pulizie successive al restauro, si decise di non toccare le lunghe assi di legno che fanno da contenitore dell’organo, anche perché erano tutti esausti. E poi fortunatamente a Palma Malacarne, che cura amorevolmente la chiesa da una vita assieme a Marcello Righi, era venuto un dubbio: sulle assi di legno ci sono molte scritte e allora le venne in mente di chiamare il nipote Lorenzo per verificare. Ed è stato come aprire il vaso di Pandora.

E’ di questi giorni un rilievo fotografico completo di tutte le scritte e disegni affidato a due appassionati fotografi del circolo il Fotogramma, Ezio Bresciani e Vanda Linetti, che hanno “trattato” le fotografie in modo da far emergere le scritte. E le incredibili sorprese, sottoforma di parole, non si sono fatte attendere. Si tratta di una cinquantina di scritte vergate a matita e matita color blu che vanno per lo meno dal 1861 al 1920-30 e che riportano nomi e fatti. Clamorose quelle relative al 1866 e alla Prima guerra.

Sappiamo che i garibaldini arrivarono a Campi e Pranzo a fine luglio e inizio agosto del 1866 (è del 9 agosto il famoso “Obbedisco” di Garibaldi a Bezzecca che di fatto sancisce la fine della Terza guerra di indipendenza); si sa, o si può intuire, che tra i garibaldini ci fossero i conti Martini, Archimede, il fondatore della banda dei Liberi falchi, e un suo fratello, e anche Attilio Zanolli di Nago. Si sa un po’ meno che dormirono nella vecchia chiesa di Campi, che per questo fu considerata profanata e chiusa per vent’anni, anche perché malandata, e quindi ribenedetta nel 1887.

Altra notizia poco nota è che i garibaldini utilizzarono il portone della chiesa principale come tavola per macellare degli animali e i segni ben si possono notare all’interno. Ma non si sapeva assolutamente che ci fossero un certo Gherardo Feroci di Firenze assieme ad un certo Parisè, entrambi del 7° reggimento 23ª Compagnia: e la certezza arriva dalle labili scritte a matita sul legno dell’organo e scoperte dai curatori del progetto di ricerca “La mappa ritrovata. L’elenco e le biografie dei garibaldini del 1866 a Bezzecca” curato dall’associazione Araba Fenice e co-finanziato da un bando Caritro.

Altro periodo testimoniato è quello della Prima guerra mondiale, quando Campi era stato evacuato con un’ordinanza il 20 maggio del 1915 e il paese era totalmente militarizzato dagli austroungarici e attentamente vigilato dalla presenza del forte corazzato del monte Tombio.

La chiesa rimase chiusa e addirittura furono requisite le cinque campane per un peso di 1645 chilogrammi e portate a Riva per poterci ricavare cannoni: per fortuna ritornarono integre il 18 febbraio del 1922. Ma qualcuno la poteva frequentare, tanto che si trovano parecchi nomi e date riportati con la matita blu, come Albert Stolz che firma il 17 agosto 1915, e Alois Amoser il 22 agosto sempre del 1915, fino alla clamorosa scritta Weinachten 1915, Natale 1915. E poi ci sono dei disegni che sembrano proprio dei gendarmi con il fucile. Oppure un altro disegno abbastanza inquietante che potrebbe riguardare il diffondersi del tifo sul finire dell’Ottocento e che ha visto don Luigi Baroldi curato di Campi in prima linea a debellarlo.

Insomma dietro tutte queste scritte c’è un mondo che aspetta solo di essere svelato prima che svanisca del tutto e la proposta sta proprio qui: perché non si può recuperare l’organo e al contempo tutte le scritte per il centenario dell’inizio della Prima guerra mondiale?













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