TRENTO

I cacciatori: «Se ce lo dicono, pronti a sparare ai lupi»

Il presidente delle doppiette Pezzato: «Ora sono intoccabili. Spetta alla Provincia decidere se dovranno essere limitati»


di Gianpaolo Tessari


TRENTO. La caccia al tempo del lupo e dell'orso. Quella di ieri è stata l'ultima domenica dell'anno senza doppiette: dalla settimana prossima, e sino al 15 gennaio, gli oltre sei mila cacciatori trentini potranno sparare alle specie consentite, rispettando quote e modalità che hanno portato la fauna locale ad una presenza (in termini numerici e di qualità) molto importante. Ma la predazione, specie quella dei lupi, suscita interrogativi e domande anche riguardo un loro futuro prossimo di ipotetiche prede: «Non siamo giustizieri. Sparare al lupo ad oggi è impossibile. Se un indomani cambiassero le leggi e la Provincia ci chiedesse di collaborare per limitarne la presenza, noi ci faremmo trovare pronti» osserva il presidente dell'associazione cacciatori trentina, Carlo Pezzato.

Presidente i grandi predatori possono farvi concorrenza nell'abbattimento di animali cacciabili? C'è chi evoca orsi, lupi e persino la lince in queste vesti.

«No. L'orso semmai può divorare la carogna di un animale, ma non lo si è mai visto inseguire un capriolo. Dal punto di vista venatorio non ha mai dato problemi nemmeno la lince di cui ci sono da anni segnalazioni della presenza sul territorio. Sul lupo si deve essere onesti: se vogliamo parlare come cacciatori a noi il lupo ad oggi non dà alcun fastidio. Siamo assolutamente consapevoli che quest'animale gode di una protezione normativa particolare. E' come l'orso. Il lupo può essere considerato in teoria un concorrente del popolo dei cacciatori ma la presenza dei grandi carnivori è soprattutto la conferma che ci troviamo in un ambiente di qualità».

La presenza di questi predatori suscita sentimenti diversi in chi alleva o ha attività in montagna.

«Beh, se dovessi parlare come cittadino potrei darle valutazioni diverse, anche sull'orso. Questo ragionamento lo facciamo per la loro incidenza sulla caccia. Sono due approcci diversi: come cacciatori profondo rispetto per questi due grandi carnivori».

Sembra paradossale la situazione legata ai cinghiali: sono molti, fanno grandi danni ma formalmente la caccia a questi animali è sospesa.

«Ad oggi il prelievo di questo animale è permesso solo per controllarne il numero. Certo ci sono molto modalità per prelevarlo a questo scopo ma ad oggi credo proprio che nessuno sappia quanti siano i cinghiali presenti sul nostro territorio. Noi però vediamo gli effetti della loro presenza, ovvero i danni che generano. Che sono notevoli in agricoltura».

Insomma se passa un cinghiale davanti ad un cacciatore, al di fuori di permessi e di zone particolari, non lo si può abbattere?

«E' così. La caccia fu sospesa a suo tempo per una presunzione: la Provincia, in sostanza disse, “se rendiamo cacciabile il cinghiale c'è il rischio che vengano liberati volontariamente dagli appassionati”. Ora, dove è possibile prelevarlo, bisogna comunque aver frequentato un corso ed essere abilitati a farlo. Oltre ai rischi legati alla sua mole, si deve dire che si muove essenzialmente di notte”. Per farci capire se a San Michele un cacciatore ordinario incrocia un cinghiale non può sparargli. Mai».

Si lamenta sul territorio anche una presenza molto ampia della volpe.

«La volpe è una specie cacciabile. Dalla terza domenica di settembre al 15 dicembre. La caccia è aperta sino a quella scadenza per alcune specie, sino al 31 dicembre per altre. E sino al 15 gennaio, da appostamento fisso da capanno, per altre ancora».

La tabella che pubblichiamo in questa pagina fotografa le cifre delle principali specie cacciabili.

«Quella che va sottolineata è la percentuale, si vedano i camosci: 2000 su 26 mila sono il 12 per cento. Preleviamo questa quota a fronte di un potenziale riproduttivo annuo che, per quanto riguarda il camoscio, è di circa il 20 per cento anno, con dunque un 7/8 per cento di crescita mantenuto. L’approccio al muflone che non è specie autocotona, prevede invece un abbattimento minimo non massimo».













Scuola & Ricerca

In primo piano