Gita scolastica a caccia di legalità

L'esperienza di dodici ragazzi in Calabria nei territori della 'ndrangheta


Giorgio Dal Bosco


CLES. Pizzo? 'Ndrangheta? Cosche? Sparatorie? Morti ammazzati? Lacrime di congiunti? Commercianti e imprenditori sul lastrico e quelli che non si piegano al pizzo? Davvero alcuni resistono? Dove e come ne trovano il coraggio? Chi combatte questo repellente fenomeno?
Molto positiva e per certi aspetti anche psicologicamente traumatica è stata l'esperienza che, dando seppur parziali risposte a queste domande, hanno potuto e voluto vivere dodici ragazzi della classe IVº corso "Tecnico dei Servizi d'Impresa" Cfp (Centro di formazione professionale) dell'Università popolare trentina di Cles. Dal 3 al 9 marzo, infatti, nell'ambito del "Progetto Legalità" iniziativa della cooperativa "Ichora", fondata da alcuni anni a Reggio Calabria da due calabresi e da due trentini, i dodici studenti accompagnati dalla professoressa Nadia Casna e dal direttore Walter Iori sono volati a Reggio Calabria.

Ben inteso, non si è trattato di una gita a carico della scuola o dell'ente pubblico, ma di qualcosa di ben più importante e coinvolgente con spese (non poche) dei trasferimenti sostenute in toto dai ragazzi stessi. A Reggio Calabria, ospiti negli alloggi di "Reggio libera Reggio", li attendevano gli organizzatori Salvatore e Dimitri, soci di Ichora e militanti di Libera (leggi don Ciotti), cooperativa che oggi e domani su scala nazionale a Genova celebra la due giorni in memoria delle vittime innocenti della Mafia.

Ma perché sono stati invitati studenti proprio di Cles? C'è forse stato l'interessamento dell'ex vescovo noneso di Locri monsignor Bregantini? La scuola non conferma né smentisce, ma garantisce che il referente del progetto è stato Vincenzo Stilo, calabrese residente in Trentino.

Dunque, sono stati cinque giorni pieni di scottanti "conoscenze" con relative emozioni sia per i ragazzi che per i loro insegnanti. Hanno incontrato e si sono scontrati con amarissime vicende. Tiberio Bentivoglio, ad esempio, un commerciante che si rifiuta di pagare il pizzo, per poter raccontare la sua esperienza si è dovuto presentare con la scorta dei carabinieri. In fotocopia l'incontro con Salvatore D'Amico, ferito gravemente in una sparatoria. Si passa dal racconto di chi continua a lottare a quello dei genitori di chi, come Celestino Fava, invece è morto ammazzato soltanto perché passava di là su una strada-cimitero dove si innescano le putride faide dei malavitosi.

Doveva essere una visita di cortesia quella agli studenti del liceo Artistico "Mattia Pretti", ma l'incontro è sconfinato nelle confidenze dei ragazzi calabresi sulla loro talvolta angosciante vita scandita dai ritmi non dello Stato ma dell' ndrangheta. Poi per gli studenti clesiani, in grande maggioranza ragazze, vi è stato un incontro dal tema inconsueto: come si gestisce amministrativamente un bene confiscato all'ndrangheta concesso in beneficio e lavorato da una cooperativa. Al termine di questi cinque intensi giorni, dopo un passaggio nel laboratorio di restauro dei celebri Bronzi di Riace, vi è stata la visita al Consiglio regionale della Calabria e quella alla bottega della legalità allestita dall'associazione Libera. Ma la visita che più ha destato triste interesse è stata quella al museo dell'ndrangheta con la fedele ricostruzione (vedi foto), tra le altre cose, di un bunker- nascondiglio di un boss.

E i ragazzi? E' un coro: «Esperienza straordinaria». Eleonora Gregori ha dovuto trattenere le lacrime davanti alla testimonianza dei genitori di Celestino Fava. «E' stato ucciso - dice - nel 1996 solamente per essere stato testimone di una sparatoria. Davvero emozionante e commovente, quell'incontro».

La sua compagna Chiara Sisinni, pugliese di nascita e trentina di adozione, invece, è rimasta stupefatta «per il coraggio di coloro che resistono all'ndrangheta e che, anche se colpiti, riprendono a combattere». Matteo Zambiasi tira le somme con una nota positiva: «Attenzione, la Calabria non è soltanto quella che ci si immagina. E' abitata da moltissima gente per bene, molto ospitale, seria. Non facciamo, per cortesia, di ogni erba uno...sfascio».













Scuola & Ricerca

In primo piano