Ginecologia, la rivoluzione del primario Tateo

Tateo: «Più vicino agli utenti, con incontri mensili con le partorienti»


Sandra Mattei


TRENTO. Preferisce lavorare in sordina e non ama apparire. Saverio Tateo, 49 anni, originario di Bari e milanese d'adozione, direttore del reparto di ostetricia e ginecologia, arrivato nove mesi fa a Trento da Sondrio, ha accettato di rispondere comunque alle nostre domande per un primo bilancio della sua attività al Santa Chiara.

Che problemi ha affrontato al suo arrivo?
Abbiamo incentivato gli interventi in laparoscopia, sia per le patologie benigne che per quelle maligne, che al Santa Chiara non erano di routine. Ora possiamo assicurare al 90% delle pazienti l'isterectomia e l'asportazione di miomi in laparoscopia. Per quanto riguarda i tumori, non sempre si possono risolvere con questa tecnica, ma quando è possibile, l'intervento può essere risolutivo in modo preciso e radicale. L'altro problema è la riorganizzazione del reparto.

A che punto è la ristrutturazione?
Recuperando parte degli spazi di ginecologia, è stato possibile migliorare il comfort delle pazienti, ricavando stanze al massimo di 4 letti, ma molte di 3 e 2. In questo modo le mamme possono avere vicino il neonato, consentendo l'attaccamento precoce del bambino al seno, per un contatto pelle a pelle.

Su 15 medici in reparto, 13 sono donne: come si trova?
Molto bene, le nostre colleghe sono allo stesso livello degli uomini e mettono un grande impegno in questo lavoro. In ambito chirurgico, poi, le potenzialità delle donne sono pari agli uomini.

L'Azienda sanitaria provinciale ha ribadito la volontà di mantenere i punti nascita periferici, anche quelli sotto le 500 nascite l'anno. Cosa ne pensa?
Il Santa Chiara resta l'ospedale di riferimento per tutte le situazioni problematiche, in passato come adesso, e dispone di rianimatori e neonatologi per i casi che necessitano di terapie intensive. Il sistema, in definitiva, regge.

Quali i confronti con le altre realtà in cui ha lavorato?
Ho trovato un'equipe medica molto preparata, un reparto con una grande capacità di dialogo e un alto livello di condivisione delle cose da fare. Quindi c'è una capacità di accettare cambiamenti, cosa non facile se l'ambiente è rigido. Ad esempio, al Policlinico di Pavia, le complicazioni burocratiche erano maggiori.

A proposito del rapporto sulla sanità presentato, come commenta la maggior mortalità infantile entro l'anno in Trentino?
Abbiamo analizzato i dati sulla mortalità fetale, ma per quanto riguarda altre situazioni, non conoscendole, non entro nel merito. Una provincia di queste dimensioni però è un campione limitato a livello statistico, non si presta a conclusioni sempre valide.

Ha trovato difficoltà con il reparto di neonatologia?
Un ospedale non può riferirsi ad una sola terapia intensiva. Anche quando ero a Sondrio, le strutture di riferimenti erano tre: non vedo come drammatico il fatto di doversi spostare da Trento anche a Bolzano e Verona. Si deve ragionare in dimensione di macroregioni.

Lei è obiettore di coscienza sull'aborto. Come fate fronte alle richieste?
Puntiamo sull'integrazione tra ospedale e territorio, nel rispetto della legge 194. Nell'ambito del consultorio, che è il luogo di riferimento di questa problematica, facciamo tutti i passi perché la donna possa essere sostenuta e possa superare le eventuali difficoltà nel proseguire la gravidanza. Nel caso decida di abortire, gli adempimenti clinici sono svolti dal consultorio.

Quali obiettivi ulteriori si è posto?
Ho fissato un incontro al mese con tutti i ginecologi del territorio, anche privati, per esporre la nostra attività clinica e per rilevare gli eventuali problemi. Noi spieghiamo i nostri interventi di fronte a determinate patologie. E' un confronto paritetico importante. Rispetto all'utenza, mi sembra giusto che un punto nascita esponga "come si nasce a..." e che oltre alle ostetriche, partecipino anche i ginecologi. Sarebbe bene lo facessero tutti.













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