«Edilizia, rispettare i criteri tradizionali»

Giudicarie, la presidente Ballardini sugli stili importati: «Il paesaggio va difeso». Winterle: «Ci vuole un coordinamento»


di Ettore Zini


GIUDICARIE. Impazza il finto tirolese? Com’era prevedibile, le dichiarazioni dell’architetto Maurizio Polla, responsabile dell’Ufficio tecnico della Comunità e del vicepresidente della Comunità di Valle Piergiorgio Ferrari sulla tipologia delle case giudicariesi hanno aperto un dibattito che include sindaci, esponenti politici e rappresentanti di categoria. Senza tralasciare i semplici cittadini. Basta visitare Facebook per rendersi conto quanto le opinioni siano contrastanti. Il bello, per esempio, scrivono alcuni amanti del web, attiene alla sfera della soggettività: «Quindi, non si capisce perché una persona danarosa non possa costruirsi la casa come più le aggrada». Ciò che per una persona è orripilante, per altri può essere bellissimo.

Dunque, per chi ha i soldi tutto è permesso? Assolutamente no, dice la presidente della Comunità di Valle Ballardini. Il paesaggio è un patrimonio collettivo. A maggior ragione in Giudicarie, dove l’armonia del territorio è fattore di competitività, quindi di ricchezza. Non solo economica. «Per questo – afferma – bisogna evitare di svalorizzare le molteplici bellezze ambientali di cui disponiamo». “Paesaggio al centro”, non solo un indirizzo forte del Pup. «Ecco dunque la necessità – dice Patrizia Ballardini – di far comprendere ai sindaci e alle commissioni edilizie dei singoli comuni che ci deve essere uno sforzo collettivo per mantenere il più intatto possibile il patrimonio ambientale di cui le Giudicarie dispongono. I falsi tradizionali o le brutte copie non aiutano il percorso».

Bisogna, dunque, lavorare insieme per evitare scelte architettoniche sbagliate. «Anche perché, 39 comuni diversi e altrettante commissioni, faticano a trovare un indirizzo comune». In Giudicarie, la frammentarietà, non giova. Nemmeno quando si tratta di salvaguardia del paesaggio. Tra le voci più autorevoli per una “Tutela” che contrasta con la moda di questi stili ridondanti e opulenti che stridono con l’ambiente, c’è quella del presidente dell’ordine degli architetti trentini, Alberto Winterle.

«Non si capisce - esordisce - da dove arrivi questa tendenza di stili, così lontani da luoghi e tradizioni». Se si vogliono salvaguardare le bellezze paesaggistiche, spiega il responsabile dell’Ordine degli architetti, è opportuno scegliere linee comuni. «Che, non significa adottare un unico linguaggio. Ma, rifarsi alla tradizione trentina. Che, proprio perché , figlia di dell’economia contadina, badava all’essenziale». Discorso, osserva Winterle, che vale anche per l’architettura contemporanea, lontana da “barocchismi” che non ci appartengono. Anche dagli architetti, dunque, arriva una stroncatura per questi edifici, «talmente ricchi di decori e sovrastrutture da non rispettare i canoni di una tradizione, basata soprattutto su semplicità e pulizia di linee». Dove la Comunità, spiega Winterle, o un coordinamento tra comuni può avere un ruolo sostanziale per un’architettura di qualità. Tra le voci dissonanti però c’è quella delle amministrazioni comunali. Ribadita dal sindaco di Villa Rendena, l’urbanista Emanuele Bernardi, che pur precisando di parlare a titolo personale, si rifà - a fotocopia - all’opinione espressa nel documento sottoscritto da 33 primi cittadini della Valle.

«Le commissioni edilizie comunali – dice – sono formate da laureati e liberi professionisti di qualità, quindi in grado di giudicare autonomamente le scelte per ogni comune». Mentre, per quanto concerne le tipologie ricche di bow window ed elementi architettonici di chiara impronta tirolese, rammenta che in passato fu proprio la Commissione Tutela, allora Comprensoriale, a caldeggiare la scelta di stili slegati dal territorio locale.













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