Burocrazia-lumaca: risarciti

Ledro, Comune condannato dal Tar a pagare una società: attende dal 1996 la concessione edilizia


di Matteo Cassol


MOLINA DI LEDRO. Nella più recente (e forse non ultima) tappa di una vicenda quasi ventennale, il Comune di Ledro è stato condannato a pagare 33.112,38 euro per danni patrimoniali. Ed è andata "bene", perché la controparte - costituita dai fratelli rivani Nicola e Francesco Campisi - aveva chiesto quasi due milioni (1.877.507 euro).

Il provvedimento arrivato dal Tar riguarda quella che è stata riconosciuta come un'ingiustificata lentezza (dal 2004 al 2012) nel rilascio delle concessioni edilizie per la realizzazione di una rimessa per imbarcazioni con annesso chiosco-bar in località Pur a Molina di Ledro: in realtà le "liti" con l'allora Comune di Molina (ereditate poi dal Comune unico) per ottenere i permessi (che non sono ancora arrivati) erano cominciate già nel 1995.

Il tribunale non ha ritenuto che ci fossero gli elementi per procedere alla liquidazione del notevolissimo importo richiesto, ma ha comunque imposto un risarcimento di 6.000 euro per ogni anno di ritardo (tra quelli ritenuti "validi") da parte della municipalità. Il danno è stato quindi ritenuto pari a 48mila euro; tuttavia, poiché l’azione risarcitoria è portata avanti soltanto da due dei quattro titolari del diritto reale dell'iniziativa edilizia (da Francesco e Nicola e non da Alessandra e Rossella Campisi), il Tar ha stabilito che la cifra riconoscibile ai ricorrenti per l’inerzia dell’amministrazione nel rilascio del titolo è pari alla metà e quindi a 24mila euro, oltre agli interessi.

L’intervento cosiddetto "ad adiuvandum" delle sorelle al fine di ottenere l’estensione a loro favore della sentenza, perciò, è stato dichiarato inammissibile. Inoltre il Comune è stato condannato a rifondere le spese legali (4.323,20 euro): il consiglio comunale ha già provveduto a impegnare la spesa fuori bilancio.

Amaro il commento di Nicola Campisi: «Vinciamo sempre - racconta - ma alla fine ci prendono in giro. Una precedente sentenza, a gennaio, aveva stabilito che ci dovevano concedere la licenza senza possibilità di richiedere ulteriore documentazione entro 60 giorni: per tutta risposta ci hanno domandato 16 progetti per provare a farci perdere altri 20 anni. Il risarcimento che arriverà, poi, è offensivo: mi dicono che se avessi aperto, tenendo conto dei maggiori costi di costruzione, avrei guadagnato meno di 5.000 euro all'anno, quando gli studi di settore per una struttura come quella che vorremmo fare (terrazzo, interrato, cucina, bar, spogliatoi, piscina e ombrelloni) parlano di 30mila-40mila euro. Fosse così, invece che fare tutta questa fatica avremmo fatto meglio ad affittare un bilocale». La battaglia dei Campisi è destinata a continuare: «Faremo ricorso al Consiglio di Stato e - afferma Nicola, ora 54enne - invieremo il fascicolo alla Corte dei Conti».

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