agricoltura

Basta botti, ora il vino si fa nelle anfore

A Mori l’esperimento nei recipienti di terracotta. Le prime trecento bottiglie acquistate dalla Casa del vino di Isera


di Paolo Trentini


MORI. Il primo vino prodotto, uno chardonnay, si chiama Vittoria in onore della figlia, ed è stato così apprezzato che la Casa del Vino di Isera ha comprato tutte le 300 bottiglie a disposizione. A Mori l'azienda Tava da qualche tempo ha aggiunto alla storica produzione di stufe anche quella di anfore per il vino. Una scelta curiosa e per ora di nicchia, ma che potrebbe anche rivoluzionare il mondo del vino. Un ritorno al passato che ha già trovato qualche estimatore e numerose collaborazioni con aziende vinicole del centro italia ma anche nostrane.

Il progetto è nato due anni fa in collaborazione con Emiliano Baroldi e la Cantina di Mori Colli Zugna e le premesse sono davvero incoraggianti. Come spesso accade, tutto avviene per caso una sera d'estate durante una delle tante degustazioni sul territorio: «Mi trovavo a Noarna - spiega Francesco Tava - e lì abbiamo assaggiato un vino nato nelle anfore. Ci è stato detto che il mercato era basso in quanto esistevano soltanto due produttori di recipienti di terracotta, uno in Toscana e uno in Spagna. Noi in azienda avevamo già i forni e abbiamo deciso di provare. Sarò sincero, all'inizio pensavo fosse una sciocchezza, invece il solo lavoro di produzione delle anfore ha impiegato più di un anno di lavoro per trovare l'impasto giusto e la cottura ideale per dare al vino la giusta traspirazione e dare all'anfora la giusta resistenza. Una grossa mano ce l'ha data l'enologo Luciano Tranquillini che ha messo a disposizione la sua esperienza e conoscenza».

Le anfore, per ora modellate a mano e cotte nei forni, contengono dai 230 ai 500 litri di vino e sono molto utilizzate in Georgia. Per molti esperti tanto le botti in acciaio quanto quelle in legno alterano troppo il sapore naturale dell'uva mentre le anfore non aggiungono e tolgono niente alla qualità degli acini. Ecco perché la soluzione dei fratelli Francesco e Giovanni Tava potrebbe trovare sempre più consensi: «La vera rivoluzione - prosegue Tava - è la chiusura brevettata. La terracotta modellata a mano non ha una superficie uniforme e anche la circonferenza è poco regolare. Ecco allora che abbiamo escogitato una chiusura ermetica attraverso un sistema di viti e una guarnizione in silicone che permette di non avere scambio di ossigeno con l'esterno ma favorire la microossigenazione interna». Il primo esperimento è stato effettuato con delle uve provenienti da coltivazioni biodinamiche e dopo sette mesi di macerazione nelle anfore e un breve passaggio in botte il vino bianco Vittoria ha superato a pieni voti l'esame e convinto Luca Bini, gestore della Casa del Vino di Isera a comprare l'intera partita.













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