Baratter, il Pd chiede un passo indietro

Manica: «Quell’atto incompatibile con l’etica politica». Nel Patt il fronte si incrina. Kaswalder: «In politica ci sono dei limiti»


di Chiara Bert


TRENTO. Al terzo giorno di silenzio dalla notizia dell’accordo pre-elettorale sottoscritto tra Lorenzo Baratter e la Federazione degli Schützen - patto in cui l’attuale capogruppo provinciale del Patt (allora solo un quasi-candidato) si impegnava a versare, se eletto, 500 euro al mese ai cappelli piumati - arriva l’ultimatum Pd al Patt: «Quell’impegno è stato un errore grave, incompatibile con le coordinate etiche di una politica che vuole essere credibile e sana», scrive il capogruppo Alessio Manica. «La strada non può essere minimizzare e attendere il passare dei giorni. Serve un segnale, per il bene di tutta la coalizione oltre che del collega».

Dopo lo sconcerto del primo giorno, e dopo che la Procura ha aperto un fascicolo che vede indagati lo stesso Baratter insieme a Giuseppe Corona e Paolo Dalprà (gli altri due firmatari del documento in vista delle elezioni 2013), fino a ieri gli alleati si erano attenuti alla disciplina di maggioranza che il governatore Ugo Rossi aveva invocato il giorno in cui la bufera è esplosa. L’unica ad aver criticato aspramente il comportamento di Baratter era stata Donata Borgonovo Re: «Surreale, manca l’abc della politica», aveva detto. Pd e Upt imbarazzati hanno atteso un segnale da Baratter e dal Patt. Segnale che ancora ieri non era arrivato, nonostante le sollecitazioni dei capigruppo Manica e Passamani al presidente. Ma di fronte alla difesa ad oltranza alzata dai vertici autonomisti, ieri in casa Pd la corda si è rotta, nonostante le sensibilità interne siano articolate. «Ribadisco che il piano giudiziario deve fare il suo corso rapido soprattutto per il bene del collega che auspico esca indenne dalla vicenda giudiziaria», dice Manica. «Ma a tre giorni dalla notizia e con l'apertura formale del fascicolo, urge una gestione politica della vicenda che affronti la questione prima e indipendentemente dal lavoro della magistratura. Con molto rispetto dico al Patt che la strada non può essere quella vista in questi giorni. Attendiamo un segnale, una politica già fragilissima non si può permettere di ignorare questioni come questa». Manica non indica il segnale (dimissioni da capogruppo, sospensione), su questo sarà il Patt a dover decidere. Il gruppo si riunirà domani e nel partito - dopo l’iniziale sconcerto - il fronte di difesa di Baratter si incrina. Dice il consigliere ed ex presidente del partito Walter Kaswalder: «Io un accordo di quel genere di sicuro non l’avrei mai fatto. Sono leggerezze che non si fanno, in politica non tutto è concesso, bisogna sapere cosa si può fare e cosa no. Ho avuto Pruner e Magnago come maestri, mi dicevano che oltre due bottiglie in regalo non bisogna accettarle. Serve una scuola politica che faccia capire i limiti. L’ambizione va bene fino a un certo punto, io dal ’78 ho sempre candidato e sono stato eletto solo nel 2013». Chi sceglie la via del silenzio è l’Upt: «L’Unione per il Trentino non era interessata a rilasciare dichiarazioni riguardo gli episodi che hanno coinvolto l’ex presidente del Patt Pedergnana e oggi non è interessata a rilasciare dichiarazioni sulla vicenda che sta coinvolgendo il consigliere Baratter», scrivono il segretario Tiziano Mellarini e il presidente Fabio Pipinato, «l’Upt si augura che gli organi preposti facciano chiarezza, evitando ogni speculazione politica e mediatica». Ma il capogruppo Giampiero Passamani si smarca: «La coalizione va convocata d’urgenza, non è più un problema di un consigliere ma della maggioranza. Il presidente Rossi è garante, mi aspetto un segnale».













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