«Bambini contesi, manca la mediazione familiare»

Lo psicologo Carrozzini: choccanti le immagini di Padova, ma quando scoppia il conflitto tra madre e padre si bada alle loro ragioni, non a quelle del minore


di Giuliano Lott


TRENTO. «Immagini choccanti» quelle del bambino di 10 anni trascinato a viva forza dalla polizia, trasmesse da “Chi l’ha visto?”. Parola di Renzo Luca Carrozzini, psicologo, che di situazioni conflittuali tra genitori ne ha viste, per professione, molte.

Carrozzini, che impressione le hanno fatto quelle immagini?

Molto forte, pesante da sostenere. Difficile accettare che un bambino di quell’età venga trattato così. Purtroppo in una percentuale elevatissima di casi, quando si parla di genitori separati, si pensa alle ragioni del padre e della madre. E pochissimo al bambino.

Tra genitori separati scoppiano spesso delle vere guerre, in cui ad essere conteso è il figlio, o i figli.

Parlerei di guerre civili, sanguigne e feroci. Chi ne fa le spese purtroppo è sempre il bambino, che in queste dinamiche è il soggetto più fragile, debole. E anche più suggestionabile. Difficile pensare che un’esperienza come quella di Padova non lasci tracce in un bambino di dieci anni. E non è che una delle tante che succedono tutti i giorni, lontano dalle telecamere

Che contraccolpi può patire un bambino conteso in una lotta senza quartiere?

Sono lacerazioni durature, a livello psicologico. Può apparire un paradosso, ma un bambino che perde uno o entrambi i genitori, ad esempio per malattia o per incidente, metabolizza molto meglio la mancanza rispetto a un bambino che i genitori li ha, ma in una situazione conflittuale. Il primo può avere uno sviluppo normale, mentre chi vive il conflitto in casa finisce per non avere una identificazione armonica con i ruoli di padre e madre, oltretutto negli anni più delicati della sua formazione.

Leggendo le motivazioni del tribunale dei minori, pare che il padre avesse tutte le ragioni di richiedere l’intervento della polizia. Ma è necessario arrivare a questo punto?

Nelle separazioni - mi limito alle statistiche -il padre è meno tutelato, meno tenuto in considerazione rispetto alla madre. E una situazione che sta migliorando, seppure con lentezza: ad esempio l’affidamento condiviso è stato un buon passo per riconoscere la pari genitorialità, ma non basta. Dal punto di vista delle tutele, è il padre ad essere rimasto indietro. Purtroppo in una situazione di conflitto manca la capacità di “mettersi maschere”, come facciamo tutti i giorni. Cioè discutere o anche litigare, ma mai di fronte ai bambini. Quando scoppia il conflitto, servono anni perché venga presa una decisione sull’affidamento dei figli. Ci sono ragazzi di 17 anni contesi da quando ne hanno 5. Ciò che manca in Italia è la mediazione familiare obbligatoria, un percorso complesso seguito da psicologi, assistenti sociali, specialisti. Nell’Europa del nord esiste, e lì non si chiama la polizia a fare da arbitro.

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