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Asis, «addio» al calcio. I campi vanno alle coop

Le società sportive perdono la gestione diretta delle strutture e anche i relativi contributi. Presidenti e direttori: «Così ci mettono in ginocchio»


di Daniele Peretti


TRENTO. Le società di calcio cittadine perdono la gestione dei campi e come conseguenza diretta, perdono anche il relativo contributo. Il tutto in coincidenza della sostanziale riduzione dell'intervento comunale a favore della loro attività. Era datato l'accordo tra Asis e le società di calcio di Trento e circondario che prevedeva la gestione diretta – manutenzione esclusa – dei campi di gioco e relative pertinenze. In cambio ricevevano un rimborso spese che considerando che tutto il lavoro era svolto da dei volontari, si trasformava in un ulteriore contributo: vitale per quasi tutte le società. Bruno Cornelatti direttore generale della Bolghera Calcio porta un esempio molto chiaro: “Il Comune ha ridotto il contributo da ottomila a cinquemila euro, in più vengono meno i circa duemila versati dall'Asis, il che vuol dire metterci in ginocchio.” Marco Sembenotti, presidente della Vipo: “Alle società non è stato dato nessun preavviso. Semplicemente alla scadenza dell'accordo che era diversa per ogni singola realtà, non è più stato rinnovato. Una decisione unilaterale, senza nessuna possibilità di trattativa e oltretutto adottata senza una specifica indicazione da parte dell'amministrazione comunale.” Ci troviamo di fronte ad una realtà, fatta di società spesso rionali che hanno una grande importanza a livello sociale, ma entrate minime. “Diciamolo chiaramente: quei soldi ci servivano per sopravvivere, senza sarà decisamente dura”. E' il pensiero del presidente del Cristo Re Federico Gastaldini che prosegue: “L'Asis si fa pagare le ore di utilizzo del campo che nel nostro caso era di settemila euro, contro un contributo di duemila, però tra una cosa e l'altra si teneva botta. Adesso sarà tutto da vedere, anche perché non siamo per nulla convinti che la decisione presa da Asis, porti ad un risparmio. I dipendenti delle cooperative vanno pagati, ma non sempre possono garantire un servizio di qualità. Nel nostro caso il custode del campo è lo stesso del Campo Coni e quando se ne ha bisogno, siamo costretti a chiamarlo al telefono”. Cornelatti esprime anche un altro comune timore: “Prima le pulizie le facevamo in prima persona. Spesso erano i genitori che a turno pulivano gli spogliatoi e lo facevano con quella cura che può avere un genitore. Adesso arriva un dipendente di una cooperativa sociale, senza nessun coinvolgimento personale. Ma stiamo parlando di un aspetto molto delicato, perché se gli spogliatoi non sono puliti, i genitori emettono di portare i figli al campo”. C'è poi anche l'aspetto dei tempi d'apertura degli impianti che con la gestione diretta permetteva di prolungare gli allenamenti, mentre ora all'orario stabilito, i cancelli vengono chiusi. Alcune società hanno promosso una raccolta di firme, anche per un timore: “Alla fine i conti non torneranno. L'Asis si accorgerà di spendere più di prima ed allora il rischio sarà o l'aumento della già esosa tariffa oraria, oppure ci verrà richiesto un contributo”. E' la certezza di Cornelatti. “Hanno colpito una realtà fatta di volontari che lavorano per i ragazzini della città. Non è che ci regalassero dei soldi – conclude Gastaldini – ci davano solo un gettone a fronte del nostro lavoro. A noi serviva per sopravvivere. Senza, le prospettive sono davvero pessime”.













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