Abbattuta la sequoia del Santa Chiara

Il Servizio parchi: «Morta e intaccata dai funghi, non c'era niente da fare»


Sandra Mattei


TRENTO. Per chi passava dai giardini del Centro Santa Chiara era un'imponente presenza che dall'alto dei suoi trenta metri sovrastava persone e case. Ieri, il paesaggio dentro l'antico chiostro del Santa Chiara è improvvisamente mutato: la sequoia, il secolare albero che apparteneva al parco dell'allora vecchio ospedale (e già convento) è stato abbattuto.

Ma questa volta c'è poco da prendersela con il Servizio parchi del Comune di Trento, talvolta fin troppo zelante nel decidere l'abbattimento di alberi ritenuti malati. Per la sequoia non c'era più niente da fare: alla onorevole età di oltre cent'anni si è spenta, anzi si è seccata. E negli ultimi mesi era un triste spettacolo vedere quel monumento naturale, svettare con i pochi rami ingialliti, senza vita. Martedì pomeriggio, per segare l'imponente tronco dal diametro di 1 metro e venti centimetri, la ditta "Alto Fusto" incaricata dal Comune di abbatterlo, ha dovuto faticare non poco.

Spiega Matteo Sembianti, perito agrario del Servizio strade e parchi: «La sequoia era secca da circa un anno. Ma erano anni che si era indebolita ed era stata attaccata da carie interne. Per tentare di rinvigorirla, sei anni fa avevamo già tagliato la punta, che era secca. Ma il processo è lentamente continuato, fino a seccare tutta la pianta».

Matteo Sembianti, che si può fregiare anche della qualifica di tecnico europeo dell'albero (una certificazione da tempo presente in Germania e negli Stati Uniti, che è appena stata adottata anche in Italia), ha sotto il suo controllo altri alberi secolari, piantati presumibilmente ai primi del Novecento, quando introdurre specie esotiche era una moda. «La sequoia è un albero originario della California - spiega Sembianti - ma alle nostre latitudini non dura molto oltre i cent'anni, a differenza di quelli autoctoni. Altre sequoie, piantate nello stesso periodo, si trovano sulla collina di Trento e nel parco di Levico. Anche in quest'ultimo, negli anni scorsi, ne sono state tagliate parecchie. Un'altra la curo a Povo, nel parco del convento delle suore Orsoline, ed anche a quella è stata tagliata la punta, perché si era seccata».

La più antica si trova al parco di Gocciadoro, piantata in occasione dell'unificazione d'Italia nel 1861, da parte di un trentino con fede irredentista, Pietro Bernardelli.  Sicuri che non c'era più niente da fare per quella del Santa Chiara? Risponde Sembianti: «Era morta da mesi, ma l'altro giorno, mentre veniva tagliata, alcune signore hanno protestato, accusandoci di abbattere tropo spesso alberi in città. In questo caso la pianta era stata attaccata da funghi e, a lungo andare, avrebbe costituito un pericolo». Tagliarla è stata un'impresa più da scalatori che da boscaioli: gli uomini della ditta "Alto Fusto" hanno dovuto legarsi con moschettoni e salire con ramponi, per tagliare il tronco di 30 metri. Ora rimane un moncone di 4 metri, a ricordo della pianta secolare.

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