Così Armando Aste rivive nel film di Massa e Azzetti 

La presentazione nell’auditorium delle Filzi. Attimi di commozione quando grazie a stralci di interviste si è risentita la voce dell’alpinista. In sala gli amici Frizzera e Manica


Anna Maria Eccli


Rovereto. Le parole che si precipitano in un ritmo tutto trentino, torrentizio: risentire la voce di Armando Aste, l’alpinista scomparso nel 2017, è stato commovente. L’occasione è stata la tavola rotonda “Armando Aste, un alpinista tra terra e cielo”, messa in porto dall’associazione “NOI dell’Oratorio Borgo Sacco”. In un auditorium delle Filzi gremito, si sono potuti ascoltare estratti di interviste che fanno parte del film “Il cercatore di infinito”, dei registi Andrea Azzetti e Federico Massa, che verrà proiettato al pubblico la prossima estate, dopo aver concorso al Film Festival della Montagna di Trento. Una serata in nome dell’alpinista che cercava il sublime sopra alle vette e che all’apice del successo smise di arrampicare per soccorrere il fratello.

Tra i presenti l’amico fraterno Maurizio Frizzera che ha raccontato di bivacchi impossibili e Graziano Manica, esecutore testamentario di Aste: “Nemico giurato di pratiche burocratiche e di bilanci – ha raccontato – mi ha voluto come amministratore di sostegno e tutti i mesi mi dava buste da consegnare alle famiglie in difficoltà; fino alla fine ha ripetuto “non si può vivere solo per se stessi”. La sua donazione, poi, ha permesso di costruire la maternità nel Burundi, che porta il suo nome”.

Nell’Oratorio di Sacco è ora allestita una mostra (resterà visitabile fino a domenica prossima) con materiale donato alla Biblioteca Tartarotti. Tra lettere e fotografie veri e propri cimeli, come il cordino appartenuto a Toni Egger e recuperato sul Cerro Torre, in Patagonia, nel 1965; la corda appartenuta a Pino Fox, chiodi da ghiaccio, cunei in legno, moschettoni, il Pelmo d’Oro, ricevuto nel 2008 e persino una cintura da pompiere usata per arrampicare negli Anni ’50. Si coglie la grandissima evoluzione dei materiali, ma non solo. “Non consegniamo Aste alla storia – ha precisato il direttore Mario Baldi – perché è vivo, attuale, testimone di una generazione di operai-alpinisti che ha riscattato l’Italia del dopoguerra, onesta, coerente, corretta che non scalava per mestiere, né per la gloria”.

Da Baldi, poi, l’invito a farsi avanti rivolto a tutti coloro che possedessero fotografie o reperti utili a completare la già ricca collezione donata alla Biblioteca da Aste. Previa duplicazione, saranno poi restituiti ai proprietari, ovviamente.













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