I Conta, artisti con lo sguardo sul mondo 

A Monclassico Livio ed il figlio Giorgio danno forma a sculture e dipinti. Opere diverse, ma con tratti in comune 


di Giacomo Eccher


MONCLASSICO. Sopra la galleria delle opere del padre Livio, sotto quella, altrettanto intrigante e ricca di emozioni, del figlio Giorgio. Parliamo dei Conta padre e figlio, artisti con bottega a Monclassico nella cui casa, accanto al laboratorio dove si forgiano idee e nascono le opere, trovano spazio statue, sculture in legno e bronzo e dipinti che stupiscono il visitatore per la varietà dei soggetti, la versatilità dei materiali e la complessità dei messaggi che sanno comunicare.

Una storia, quella dei due artisti solandri, che nasce dalla stesso ceppo familiare ma che si differenzia nelle personalità e nelle tecniche che anche l’occhio attento del visitatore riesce a cogliere apparendo diversissime nella tecnica e nell'ispirazione. «Con mio padre ho tanto in comune ma non tutto nell’arte, lui infatti mi ha sempre sconsigliato di seguirlo, orme che invece io ho voluto ripercorrere perché le sentivo come una vocazione con una strada da costruirmi con la mia testa» - afferma Giorgio.

Quarant’anni non ancora compiuti, il giovane Conta ha cercato (e trovato) la sua strada seppure muovendosi all'ombra del padre, artista poliedrico che si è formato dalla gavetta imparando la difficile arte della scultura fin da ragazzino in una bottega di Ortisei in Val Gardena, il top dell’artigianato artistico del legno.

Nato il 28 gennaio 1939 a Monclassico, nella media val di Sole, Livio Conta dagli undici ai ventuno anni ha frequentato le scuole della scultura in legno della Val Gardena. «Un mondo che mi ha dato molto ma l’arte è un’altra cosa, ed io cercavo quella» - racconta rimembrando l'anno in cui, dopo il servizio militare, ha trascorso a Parigi, in Spagna, a Pietrasanta (in provincia di Carrara) e infine a Milano forse il periodo più difficile del sua girovagare, fino a quando, alla morte del padre, la madre l’ha convinto a tornare in val di Sole dove ha impiantato la sua attività. «Ho iniziato nella stalla di casa scolpendo su un assito appoggiato al canale dove mangiavano le mucche» - racconta Livio Conta rimembrando i suoi primi passi nell'arte, specialmente nella scultura. La scelta di rimanere in periferia, nella sua valle di nascita, l'ha condizionato nei contatti con le correnti artistiche (anche se non troppo, vista la collezione di amicizie personali che si è conquistato negli anni con artisti di grande fama come il pianista Arturo Benedetti Michelangeli), ma lo ha anche aiutato. «Infatti, fare lo scultore in città sarebbe stato più problematico per gli spazi, i rumori, ecc. Qui, nella casa paterna, ho potuto liberamente dare sfogo alla mia creatività, e le soddisfazioni non mi sono mancate. Ma i sacrifici sono stati tanti, per questo non volevo che il mio unico figlio seguisse una strada così difficile» - ribadisce l'artista.

Parole vane, perché il figlio Giorgio, dopo il liceo linguistico all'arcivescovile di Trento, ha scelto la stessa vita del padre frequentando dopo la maturità liceale per quattro anni la scuola di scultura di Ortisei.

Adesso padre e figlio condividono la bottega, ma le opere che vi nascono hanno strade diverse anche se il legame di sangue traspare in molti tratti. Giorgio infatti è figlio di altri tempi, con abilità poliedriche come il padre ma più sensibile all’internazionalità grazie alla formazione linguistica e multidisciplinare. Tanto da cimentarsi, e con successo a detta di esperti, nella composizione musicale con i brani dedicati ad un grande trentino conosciutissimo nel Nuovo Mondo, padre Eusebio Chini. Proprio al missionario di Segno i due artisti solandri hanno dedicato varie opere tra cui la grande statua bronzea all’ingresso del paese di Segno all’incrocio della strada statale 43 della valle di Non.

Un campionario della produzione di Livio e Giorgio Conta, come detto, trova spazio nella doppia galleria d’arte che hanno ricavato accanto all’antica casa di famiglia al cospetto del Sasso Rosso e proprio di fronte alla Cima Nana al limite delle Dolomiti di Brenta.

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