«Il mini-idroelettrico è pericoloso per il Chiese» 

L’allarme dell’Eco-Carovana. Mauro Finotti, presidente dei pescatori trentini, ha messo in guardia sui rischi della modifica delle regole per lo sfruttamento dei corsi d’acqua


Stefano Marini


Valle del chiese. L'"Eco Carovana del Chiese", evento scientifico-divulgativo in 10 tappe pensato per approfondire la conoscenza del fiume Chiese e dei territori che ne circondano il corso, si è conclusa sabato proprio nella valle che dal fiume prende il nome, la Valle del Chiese, appunto. Le due tappe finali hanno avuto luogo a Darzo e a Valdaone. In quadro fornito sulla salute del fiume è in chiaroscuro, tra la buona situazione nella parte trentina, le problematiche ambientali nel bresciano e nel mantovano e le incognite riservate dalle future scelte della politica che potrebbero aumentare lo sfruttamento delle acque anche da noi.

L’iniziativa

Come iniziativa l'"Eco Carovana" vantava organizzatori di tutto rispetto. Il Dipartimento di Scienze Politiche e sociali dell'Università di Trieste, l'associazione "Aree Fragili" di Rovigo ma anche il contributo della Fondazione Cariplo. L'idea era percorrere i 160 km del Chiese in bicicletta in modo da unire un aspetto per così dire "ludico" a quello dell'analisi scientifica, sia rivolta alla qualità delle acque che nello studio del rapporto fra l'uomo e il fiume, in quella che è stata definita come un "analisi del sangue" per territorio e cittadinanza.

Come sta il Chiese? Non malissimo, ma potrebbe stare meglio. Come hanno spiegato gli organizzatori dell'iniziativa infatti, se nella parte alta del fiume l'acqua c'è ed esso si dimostra vitale, in quella bassa ci sono luoghi dove il corso d'acqua è praticamente scomparso e la sua memoria sopravvive solo fra i più anziani che ancora ricordano i tempi in cui vi si immergevano per fare il bagno durante i mesi estivi, pratiche oggi del tutto impossibili. In generale, i problemi del Chiese sono dettati dall'eccessivo carico antropico, che lo ha deviato, a volte interrato e spesso ne ha avvelenato le acque con gli scarichi, riducendone anche la portata per ragioni di sfruttamento idroelettrico.

Le criticità

Per fortuna in Trentino le cose vanno un po' meglio, ma anche qui ci sono rischi, come evidenziato nel corso della tappa che si è tenuta nella casa sociale di Darzo, aperta da Aldo Gottardi, storico del Centro Studi Judicaria, che ha proposto un dettagliato excursus sul rapporto tra i fiumi giudicariesi, territorio e popolazioni, vissuti sia come fonte di ricchezza grazie alla funzione di trasporto del legname e la produzione di energia per mulini e più tardi centrali idroelettriche che come minaccia mortale in tempo di alluvione, quando la furia delle acque poteva annientare intere comunità.

Il mondo dei pescatori

Molto interessante anche l'intervento seguente ad opera di Mauro Finotti, il presidente dei pescatori trentini, che ha spiegato i vantaggi della legge provinciale che garantisce il deflusso minimo vitale sui corsi d'acqua e al tempo stesso ha messo in guardia sui rischi rappresentati dal mini-idroelettrico e dal desiderio di modificare le regole per favorire un ulteriore sfruttamento dei corsi d'acqua.

Forte anche la critica al controllo politico delle agenzie pubbliche come Appa, la cui azione, a parere di Finotti sarebbe spesso limitata proprio da interventi politici. Per questo il presidente dei pescatori è tornato a proporre che Appa sia trasformata in agenzia indipendente. Idee e ragionamenti condivisi anche dall'ultima relatrice, Molinari Giovanna del comitato "Salvarnò".

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