Il record dell’ora di Moser compie 30 anni

Domenica ricorre l’anniversario del 51,151 di Città del Messico. Il Checco: «Chi lo può tentare ora? Cancellara»


di Luca Franchini


TRENTO. Quel 51,151 ora campeggia sulle etichette dell'apprezzato spumante prodotto dalla sua cantina. Ma quel numero, 30 anni esatti fa, fece parlare e non poco giornali e tv di tutto il globo. E' il numero dei chilometri che Francesco Moser, nell'ormai lontano 1984, coprì in sella alla propria bicicletta a Città del Messico nel giro di sessanta minuti, sverniciando il record dell'ora che al tempo apparteneva al "cannibale" Eddy Merckx.

Era il 19 gennaio 1984, un giorno che ha segnato la storia del ciclismo, con il "Checco" che, primo al mondo, riuscì ad abbattere il muro dei 50 km: non lo fece una volta, bensì due, prima coprendo 50,508 km e poi, quattro giorni dopo, 51,151 km, numero che ha dato il nome al celebre e apprezzato spumante prodotto dal campionissimo nella tenuta di Maso Villa Warth a Gardolo di Mezzo.

Un record che campeggiò sulle prime pagine di tutti i giornali e che arrivò grazie a una vera e propria rivoluzione, quella apportata da Moser e dal suo staff, che, in collaborazione con l'equipe scientifica della Enervit, cambiarono in maniera significativa i metodi di allenamento, la tecnologia, la meccanica applicata alla bicicletta e l’alimentazione.

A distanza di 30 anni, Moser ricorda ancora con particolare trasporto la sua impresa, di cui non a caso si parla ancora oggi.

«Andò tutto per il verso giusto, nonostante in molti non credessero che ce l'avremmo potuta fare – spiega Moser – E pensare che il primo record (50,508 km, ndr) arrivò in un test, nel quale volevamo vedere che prestazione sarebbe uscita attorno a metà gara. Era buona, ottima, e pertanto andammo fino in fondo». Quattro giorni dopo, quindi, arrivò il memorabile e storico 51,151, frutto di una programmazione a dir poco meticolosa e dell'impegno di numerosi scienziati di ben quattro Università, tra cui Dal Monte e Conconi. «Fu programmato tutto, fino al minimo dettaglio, e proprio per questo la fiducia era grande» ribadisce il "Checco". Un record che rivoluzionò il ciclismo.

«In quell'occasione, fui il primo corridore a utilizzare una bicicletta con quel telaio e, soprattutto, con ruote lenticolari e manubrio a corna di bue – precisa Moser – Un ruolo fondamentale, ovviamente, lo ebbero gli allenamenti, effettuati con cardiofrequenzimetro e con “ripetute” in salita su una bici da pista per poter spingere un rapporto da oltre 8 metri a pedalata. Non ultimo, l'alimentazione: per primi introducemmo aminoacidi ramificati e integratori».

Il record di Moser fu battuto dopo 9 anni da Graeme Obree, corridore scozzese che divenne famoso proprio con quella impresa, poi cercata da altri big quali Miguel Indurain, Tony Rominger e Chris Boardman, che nel 1996 fissò il record a 56,375 km, prima che l'Uci decidesse nel 2000 di annullare tutti i record ottenuti grazie a biciclette speciali, quello di Moser incluso, tornando a considerare record dell'ora quello di Merckx del 1972. «Così hanno arrestato l'evoluzione tecnologica – tuona Moser – e adesso il record non interessa più a nessuno». Il primatista, ad oggi, è il ceco Ondrej Sosenka (sconosciuto ai più), che nel 2005 a Mosca percorse 49,700 km. Ora si vocifera che sia intenzionato a provarci Fabian Cancellara, la locomotiva di Berna. «Sarebbe l'unico modo per ricreare interesse attorno al record dell'ora» conclude Moser.













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