Calcio: Trento caos, silurato Montefameglio

L'ex diesse: «Fattinger vuole isolare D'Astoli. Ho sbagliato a fidarmi»


Daniele Loss


TRENTO. Fattinger è ormai come il generale Custer a Little Big Horn: accerchiato e senza via di fuga. Le bordate gli arrivano da ogni parte e le sue risposte sono incontrollate. Prima ha imposto il silenzio stampa alla squadra, ieri ha cacciato il diesse Riccardo Montefameglio.
Montefameglio è stato sollevato dall'incarico per "lesa maestà". In settimana, dopo sette mesi passati a lavorare in silenzio e gratis, l'ex direttore sportivo gialloblù è stato pubblicamente "massacrato" da Fattinger. A quel punto Montefameglio si è "permesso" di rispondere apertamente, snocciolando fatti e cifre facilmente dimostrabili.
Il presidente gialloblù, che da tempo parla solamente tramite il proprio legale (l'avvocato Bastianello), ha deciso allora di cacciare Montefameglio. Dopo il silenzio stampa ecco un altro provvedimento "bulgaro" verso chi si era azzardato a denunciare le drammatiche condizioni in cui versa la società di via Sanseverino.
Intanto parecchi giocatori hanno lasciato la città: Tummiolo, Colella, Ghidini, Baù, Franzese, Della Maggiora, Di Prete e Pea sono tornati alle rispettive case e potrebbero non tornare mercoledì, giorno in cui dovrebbero riprendere gli allenamenti. Un rompete le righe definitivo? Forse sì. Il messaggio dei gicatori è chiaro: se non arrivano soldi o garanzie (ma non da Fattinger, al quale non credono più) non si scende più un campo. Una cosa è certa: Montefameglio non ci sarà.
«In una situazione normale - racconta l'ex diesse aquilotto - non mi sarei mai permesso di dire quelle cose, ma qui purtroppo di normale non c'è nulla. Non mi aspettavo comunque questa decisione da parte di Fattinger, perché ritenevo che gli facesse comodo non minare il già fragilissimo equilibrio».
Eh sì: questa decisione, se possibile, destabilizza ancora di più l'ambiente.
«L'intento del presidente è chiaro: fare terra bruciata attorno a D'Astoli. Non potendolo esonerare direttamente, lo vuole isolare».
Adesso farà come l'ex allenatore Manfredini oppure se ne andrà?
«Io ho una dignità: mi farò da parte, ma non prima di riavere quanto gli ho prestato per pagare le cauzioni degli appartamenti».
La cifra?
«Circa novemila euro».
Sui compensi pattuiti e i rimborsi spese ha già messo una croce?
«Sì. Come si fa a pretendere qualcosa da chi non ha nulla? Non è nel mio stile sparare sulla croce rossa».
Adesso ce lo può dire: Manfredini l'ha portato lei a Trento?
«Ma no, lui è stato ingaggiato da Fattinger. Volete la verità? Ho conosciuto Manfredini nell'autunno del 2009 ad una cena. Io all'epoca ero il direttore sportivo del Villafranca e, da quel momento in poi, lui mi ha tempestato di telefonate. L'obiettivo? Prendere il posto del nostro allenatore Facci. Poi mi ha contattato un "fedelissimo" di Fattinger: il presidente voleva esonerare Melone prima della fine del torneo d'Eccellenza e mi hanno chiesto se conoscevo qualche allenatore libero sulla piazza. Ho fatto il nome di Manfredini così, he pensato, magari si sistema e mi lascia in pace. Da lì in poi tra i due ci sono stati parecchi contatti e infatti a maggio è arrivato a Trento, prima del sottoscritto. L'unico allenatore che io ho portato a Trento è D'Astoli».
Ci ha messo la faccia, pure troppo, per il Trento e adesso viene cacciato per aver detto la verità.
«Questo è ciò che mi fa più male: mi sono sputtanato per lui e per mesi l'ho difeso a spada tratta e adesso vengo cacciato come una scarpa vecchia. Mi sono fidato della persona sbagliata».













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