Trento scopre i segreti del silicio

Ateneo ed Fbk dimostrano che è possibile deformarne la struttura



TRENTO. Un gruppo di ricercatori dell'Università degli Studi di Trento, della Fondazione Bruno Kessler del Civen (Veneto Nanotech), delle Università di Brescia e di Modena e Reggio Emilia e dell'Istituto di Nanoscienze del Cnr ha dimostrato che è possibile deformare su scala microscopica la struttura del silicio fino a fargli assumere nuove proprietà ottiche, prima di questa scoperta del tutto assenti in questo tipo di materiale.

Uno studio potenzialmente in grado di aprire un nuovo scenario nel campo delle applicazioni del silicio - già ampiamente usato per la fabbricazione dei microprocessori e di pannelli fotovoltaici - e che sarà pubblicato nel numero di dicembre di «Nature Materials», prestigiosa rivista scientifica di riferimento a livello internazionale nel settore dei nuovi materiali e dei vari studi ad essi collegati.  Per ottenere questo risultato i ricercatori Massimo Cazzanelli (Università di Trento), Federica Bianco (Università di Trento), Elisa Borga (Università di Trento), Mher Ghulinyan (Fondazione Bruno Kessler) e Georg Pucker (Fondazione Bruno Kessler) coordinati da Lorenzo Pavesi (Università di Trento) hanno applicato una pressione molto alta su piccolissime strisce di silicio così rompendo la sua simmetria cristallina.

Se prima del trattamento un fascio di luce attraversa il silicio senza subire cambiamenti, dopo la compressione, la luce che passa attraverso il silicio esce con una frequenza doppia, e quindi con un'energia raddoppiata. Una proprietà che si può sfruttare ad esempio nella costruzione di innovative sorgenti di luce (per frequenze difficile da coprire) o di interruttori ottici, sostituendo il silicio a materiali generalmente più costosi e che non hanno le altre preziose caratteristiche del silicio stesso

Il lavoro di ricerca è stato avviato grazie a un finanziamento della Provincia autonoma di Trento del 2008, che nell'ambito dell'ultimo Bando "Grandi Progetti" del Fondo Unico per la Ricerca Pat, ha favorito una proficua collaborazione scientifica fra l'Università di Trento e la Fondazione Bruno Kessler. Questa collaborazione si è poi estesa ai fisici teorici computazionali dell'Università di Modena e Reggio Emilia e dell'Istituto di Nanoscienze del Cnr e, grazie a un progetto finanziato dalla Fondazione Cariplo, agli ingegneri delle telecomunicazioni dell'Università di Brescia. In questo modo si è formato un team di scienziati in grado di coprire tutta la filiera della ricerca: dalla concezione dell'esperimento, alla fabbricazione del dispositivo, dal calcolo teorico, ai test e allo studio conclusivo.













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