Trattativa con Roma, Trento pronta a dare altri 500 milioni

Con il «residuo fiscale» la Provincia si allineerebbe a Lombardia e Veneto che pagano di più. E Rossi accelera: ordine interno ai dirigenti per avviare da subito i tavoli sulle nuove deleghe


di Chiara Bert


TRENTO. Da un lato c’è l’ultimatum lanciato al governo: «Dica entro il 25 febbraio se accetta il «residuo fiscale» come riferimento per calcolare il concorso del Trentino al risanamento della finanza pubblica, altrimenti Trento e Bolzano faranno partire i ricorsi contro i provvedimenti della legge di stabilità». Valore per lo Stato: 6 miliardi di euro.

Dall’altra la Provincia accelera e punta ad entrare subito nel vivo della trattativa con il governo sulle nuove deleghe. Il presidente Ugo Rossi non ha fatto nemmeno in tempo a rientrare dal suo incontro nella capitale con il ministro Delrio, che già mercoledì pomeriggio ha fatto partire un ordine interno alla struttura dirigenziale. «Il messaggio - spiega il governatore - è che in questo momento la trattativa con Roma rappresenta la priorità delle priorità. Vogliamo essere pronti per i tre tavoli di lavoro che partiranno nelle prossime settimane sulle nuove competenze, agenzie fiscali, giustizia e tributi locali». Tavoli ristretti - chiarisce Rossi - ai quali parteciperanno uno o due dirigenti provinciali: «Naturalmente coinvolgeremo gli attori interessati agli ambiti di intervento, gli operatori della giustizia e le istituzioni statali sulla delega relativa alle agenzie fiscali. Per quanto riguarda invece i tributi locali, la competenza è già chiara, si tratta di specificare la portata della norma su alcuni tributi che interessano anche lo Stato come nel caso degli immobili».

Ma se l’accordo con Trento e Bolzano - come ha convenuto mercoledì il ministro per gli affari regionali - dovrà essere globale, ovvero affrontare una volta per tutte anche la partita finanziaria, contemporaneamente all’avvio dei tavoli di lavoro in Provincia ci si attende che da Roma arrivi al più presto una risposta sul nodo del «residuo fiscale». Delrio si è impegnato a darla entro il 25 febbraio, termine ultimo per le due Province per impugnare la legge di stabilità. Se così non fosse - hanno avvertito i governatori Rossi e Kompatscher - scatteranno i ricorsi contro il governo.

Dalla chiusura iniziale alla proposta trentina e altoatesina, soprattutto da parte del ministero dell’Economia, si è passati ad una cauta apertura. Ma Delrio ha chiesto altro tempo per valutarla.

Vale la pena ricordare in cosa consiste il meccanismo del «residuo fiscale» e cosa comporterebbe per le casse provinciali. Per residuo fiscale si intende la differenza tra il gettito dei tributi statali prodotti sul territorio e la spesa sostenuta dallo Stato sul medesimo territorio, compresi i 9 decimi delle tasse devoluti alla Provincia.

Oggi le entrate valgono circa 3,6 miliardi, le spese dello Stato ammontano a 4,1 miliardi. Il saldo è di 560 milioni, ciò significa che il residuo fiscale pro capite è di circa 1067 euro rispetto a una media di 1400 delle Regioni del Nord Italia. Allinearsi, per il Trentino, significherebbe versare a Roma circa 745 milioni all'anno che, tolte le competenze provinciali che pesano per il 34% delle spese, scendono a 490 milioni. Aggiunti ai 568 milioni previsti dall’accordo di Milano, si arriverebbe a 1100 milioni, circa 300 in meno dei 1400 che lo Stato ci chiede per il 2014 (pari al 30% del bilancio della Provincia).

Una proposta, hanno ripetuto a Roma prima Dellai e ora Rossi, che sarebbe comunque vantaggiosa per lo Stato e garantirebbe certezze finanziarie anche alla Provincia. Senza riuscire però convincere - almeno finora - il governo. Alle aperture di Letta e Delrio si sono contrapposti i freni della Ragioneria, più interessata ad un incasso immediato per ridurre l'enorme debito pubblico, e dunque abituata ad attingere dai bilanci delle Regioni ciò che manca, di anno in anno, per equilibrare il bilancio dello Stato. Dal ministero hanno poi fin qui obiettato che il metodo andrebbe applicato a tutte le Regioni speciali, un modo che - visto il residuo fiscale della Sicilia (-3200 euro procapite) significherebbe relegare la proposta su un binario morto. Resta meno di un mese per capire se questa volta Roma cambierà rotta.

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