Tavolini dei bar senza regoleIn centro a Trento domina il caos

I “plateatici” dei bar, per i profani giardini all’aperto, sono quanto di più anarchico ci sia in centro storico. Non ce n’è uno uguale all’altro, anche quando sono confinanti: tavolini, sedie e tende che invandono la città sono di forme, materiali e colori diversi



TRENTO. Sedie di vimini, in ferro battuto, in acciaio. Tavolini di plastica, formica, resina speciale, a tinta unita, a motivi floreali, opachi o lucidi. Tendoni che si srotolano partendo dalla facciata, ombrelloni a base unica multibraccio, con palo in ferro o legno. Tovagliato bianco, verde, bordeaux... I “plateatici” dei bar, per i profani giardini all’aperto, sono quanto di più anarchico ci sia in centro storico. Non ce n’è uno uguale all’altro, anche quando sono confinanti. Fa lo stesso? Per Palazzo Thun no, che vorrebbe più uniformità, per una questione di decoro urbano, e strutture facilmente removibili, per non ostacolare il transito. Loro, baristi e ristoratori, chiedono di non essere sottoposti alla “dittatura della forma”.
 In via Verdi è la fiera dei colori: gli ombrelloni spaziano dal verde (bar Duomo e Mozart) al blu (pizzeria Al 77), dal bianco (Line bar) fino al giallo all’estremità opposta della via (Green bar).
 Tonalità più soft in piazza Duomo, dove tra i plateatici di tre locali - Caffè Duomo 37, Tridente e ristorante Scrigno - non c’è soluzione di continuità e il colore degli ombrelloni è quasi identico: un beige poco carico. «Tra sedie e tavoli ho speso 15 mila euro», dice Wilma Tomasi, del Duomo 37. «Ci vorrebbe un architetto incaricato dal Comune che decidesse i criteri, ma ti devi adeguare al bello. Non che mi facciano cambiare i vimini con la plastica. E poi, chi paga? Vedo che il mio stile è stato già un po’ copiato: cominciano a mettere il bel tovagliato e le poltroncine. Non mi piacciono invece gli ombrelloni colorati o con le pubblicità». Al Caffè Portici, sull’angolo con via Cavour, sedie e tavoli sono in ferro battuto. «Stabilire delle linee guida è positivo - commenta Aldo Filippo, il titolare -, ma che una dittatura dall’alto imponga il tutto-uguale no. Il nostro ferro battuto credo sia una bella immagine per il centro: abbiamo speso 6 mila euro... La cosa brutta, invece, è che siamo sommersi da macchine parcheggiate».
 Si cambia ancora al Caffè Italia, all’ombra della torre civica. Qui la tenda, agganciata sopra il portico, diventa verde e le sedie di acciaio. «Uniformare? Vorremmo capire come», dice Walter Botto. «Se si tratta di levare la plastica e i materiali di scarsa qualità, va bene, ma tutti uguali no. Bisogna dare alternative sui materiali e soprattutto permettere a chi ha investito su strutture esistenti di ammortizzarle. Poi una provocazione: possibile che in altre città si lavori per allungare la stagionalità (che dà occupazione e lavoro) e noi dobbiamo avere strutture sempre più volanti? Vogliamo essere città turistica? Allora ci lascino lavorare».
 Al caffè Olimpia, in via Belenzani, ci sono due ombrelloni sorretti da un braccio unico e il giardino è delimitato da pannelli mobili di ferro e vetro. «Regolamentare i plateatici? Sono anni che ne parlano - afferma Stefano Facchinelli, affiancato dal fratello Gianluca. «L’unica cosa che toglierei è la plastica. Sul resto, dalle forme ai colori, credo vada lasciata libertà di espressione».
 Ha un giardino in pieno Giro al Sass il ristorante Forst, in via Oss Mazzurana. «Sono dell’idea che i plateatici debbano essere tutti uniformi», dice patron Franco Oppici, dando ragione al Comune. «In giro ne ho visto uno con il tettuccio, un altro che sembra una serra di fiori... La gente ci dice che il nostro è il più bel giardino di Trento». L’effetto generale è reso particolarmente gradevole dai vasi di cespugli verdi che lo isolano dalla strada (sembra che tutti si siano dimenticati di come le piante “arredino” più di tante strutture artificiali), dal tovagliato verde chiaro e dai fiori sui tavolini.
 Ricercati ed eleganti i divanetti in vimini grigio scuri del bar Oriola, abbinati alle poltroncine di una tonalità più chiara. Originali anche i tavolini: bianchi e decorati con motivi floreali neri e grigi. Ne è fiera Maddalena Pederzolli, titolare con il marito Paolo. «Oggi nessuno spende soldi per i giardini. Io ce ne ho messi 7 mila. Ma un po’ di indipendenza a noi gestori va lasciata. Il mio è il più bello: non accetterei di adeguarmi al cattivo gusto di certi colleghi».

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