Tata Lucia arriva a Trento

Sabato in città la protagonista di «Sos Tata»: "Genitori, siate più sereni"


Maria Viveros


TRENTO. Genitori disperati che, sopraffatti dall'esuberanza dei loro indemoniati pargoletti, non sanno a che santo affidarsi. E allora invocano lei. Invocano la Tata. Lo fanno dentro gli schermi della televisione: La7 e Fox Life Una trasmissione, «Sos Tata», che è diventata negli anni un fenomeno, non solo di audience. Che è seguita, perfino osannata da chi, attraverso Tata Lucia e le altre Tate del programma, trova un aiuto per «gestire», anzi «capire», e «governare» i figli.

Lei, la Tata, subito arriva. Prima osserva e prende nota di tutto ciò che non va, poi interviene con garbo e determinazione e, in una settimana, rimette a posto ogni cosa.

Tutti, così, a conclusione del percorso sembrano poter finalmente urlare un liberatorio: "Yes, we can!". E' dall'autunno del 2005 che "SOS Tata", la fortunata trasmissione a metà fra la sit com e il reality, viene seguita da genitori e non. Adesso che siamo giunti alla settima stagione, ritroviamo ancora (ed è rassicurante saperlo) Tata Lucia, al secolo Lucia Rizzi, la Tata per antonomasia. Abituata a una pedagogia pratica, è convinta che, secondo l'impostazione della pedagogia statunitense, la massima potenzialità dell'individuo si sviluppi mantenendo viva la curiosità fin da quando è bambino, tramite stimoli costanti.

Il suo approccio ai problemi dell'infanzia si traduce in interventi basati sulla sua esperienza di studio (si è formata e continua ad aggiornarsi negli Stati Uniti) e pratica come esperta in sindrome da deficit di attenzione e iperattività e grazie ad anni di insegnamento.

E' contagiosa la sua fiducia nella possibilità di riuscita di un'educazione incentrata su forme comunicative e relazionali appropriate, nel pieno rispetto della personalità del bambino. I suoi libri editi da Rizzoli, da "Fate i bravi!" a "Fate i compiti" a "Fate famiglia!", arricchiti da aneddoti autobiografici, coniugano la teoria alle esigenze del concreto quotidiano.

Sabato 25 febbraio alle 16.30 Tata Lucia sarà ospite della libreria Erickson di Gardolo: la "libreria specializzata a misura di famiglia" (questo ne è lo slogan). Un incontro, certo affollato, per "SOS genitori", che parte di un ciclo di incontri culturali e formativi per famiglie, insegnanti ed educatori. Condurrà Alberto Pellai, psicoterapeuta, ricercatore presso la facoltà di Medicina dell'Università di Milano, che si occupa soprattutto di prevenzione in età evolutiva.

Sarà certamente interessante sentire dalla viva voce della Tata le spiegazioni sui metodi, le scelte, gli interventi, i successi e in ogni caso i miglioramenti garantiti dall'accorrere delle Tate dalle famiglie spesso disperate. In tv il lieto fine è sempre garantito. Nella realtà probabilmente tutto è più complicato. Ma il «servizio» delle Tate come Lucia è utile. L'arma di Tata Lucia? Il dialogo. E sarà così anche a Gardolo.

Gentile, disponibile, preparata. E soprattutto chiara nelle sue risposte, così come deve essere chiara - al tempo dolce e severa - una donna che metta la sua preparazione, la sua formazione con tanto di curriculum prestigioso, al «servizio» delle famiglie. Pronta a valutare, capire, analizare e dare il consiglio giusto al momento giusto.

Il successo della trasmissione e dei suoi libri sono il segno che i genitori vogliono riappropriarsi del loro ruolo?
Certo. Abituati a dire, rientrando a casa la sera: «Sono molto stanco. Non ce la faccio più»", si rendono conto che il loro rapporto con i figli pesa e non è soddisfacente.

E allora interviene la Tata. La Tata che aiuta, indica, non impone ma alla fine ottiene sempre risultato. A volte un risultato che viste le premesse dentro certe famiglie sembra miracoloso.
La figura presentata dalla trasmissione è più televisiva che reale (le famiglie che oggi possono permettersela la consulenza della Tata sono davvero poche) e si presta a diverse specifiche. E' quasi come una vice madre di una volta, che passava tanto tempo con i bambini per un progetto educativo comportamentale in accordo con le abitudini di ogni famiglia, di cui rispecchiava i valori. E' ben diversa da una baby sitter che, invece, ha una funzione quasi esclusivamente di accudimento.

La Tata trova sempre per ogni problema una saggia soluzione. Come mai i genitori, invece, davanti alle difficoltà aumentano il loro stato di frustrazione?
Secondo me sono i segni che la gente ha bisogno di comunicazioni vere e contatti con chi possa aiutare a riportare a galla gli autentici valori della famiglia, nucleo indispensabile preposto all'educazione. Oggi i genitori si rendono conto che la convivenza col figlio è difficile. Ecco perché delegano questo compito a nidi, asili, scuole, oratori, centri sportivi e altre situazioni.

Genitori e figli: chi ha più bisogno di essere educato?
Il genitore. Il bambino quando nasce, non sapendo come si fa a vivere, deve essere guidato nel pieno rispetto della sua personalità. Le buone abitudini vengono insegnate.

Come può un genitore barcamenarsi fra teoria e pratica?
Io sono estremamente pragmatica. Divido le emozioni dai comportamenti. I comportamenti possono essere cambiati perché rappresentano solo un aspetto materiale. La cancellazione, quindi, di una cattiva abitudine aiuta la vita sia dei figli che dei genitori. Sono spesso questi a crearsi dei falsi problemi. Devono però imparare a fare delle scelte di condivisione di vita, senza nascondersi dietro a soluzioni di egoismo.

Come risponde a chi ritiene che dai suoi libri emerge una visione "aziendale" della famiglia?
Più che di organizzazione aziendale parlerei di pragmatica. Il bene a un figlio non lo dimostro se lo tengo a dormire nel lettone, ma quando attuo scelte pratiche che ne tutelano la vita. Devo impegnarmi a sostenerlo nella sua maturazione e nel suo successo. Per far questo, certo che devo organizzarmi

Si dice "in medio stat virtus". Cosa sta nel mezzo fra gratificazioni e punizioni?
Io lavoro sempre possibilmente sul rinforzo positivo. La punizione arriva quando il male è stato compiuto e il bambino non può più rimediare. Spesso un comportamento positivo si ottiene prima di arrivare alla punizione. Bisogna essere capaci di trasformare la vita normale in occasione di positività e felicità. Anche la felicità, come tutte le buone abitudini, va insegnata.

Lei invita ad "allenarsi a essere felici". Visto che la felicità è imprevedibile e dura un attimo, non sarebbe, piuttosto, il caso di "allenarsi a essere sereni"?
Noi adulti che abbiamo un'esperienza di vita pensiamo al passato e facciamo progetti per il futuro. Il bambino, invece, tende a vivere l'attimo presente. Per lui la somma di tanti momenti felici è la condizione del suo stato di benessere. Se la mamma sorride, fa lo stesso anche lui. Bisogna insegnargli a vedere sempre il lato positivo di tutto. L'esempio lampante è nel ritornello "Basta un poco di zucchero e la pillola va giù...": una difficoltà è subito trasformata in un bel momento.

Fra i suoi lettori ci sono più mamme o papà, oppure la distribuzione è equa?
Le mamme sono più numerose quando parlo dei primi 3 anni di vita del bambino, perché la loro è una presenza quasi indispensabile per quell'età. Alle mie conferenze partecipano, comunque, anche molti papà e nonni.

Segno dei tempi che stanno cambiando?
Finalmente qualche uomo che non si limita a essere figlio, ma che diventa padre.

In una società mediatica come la nostra, se venisse introdotta nella trasmissione tv la figura del "Tato" potrebbe contribuire ad abbattere vecchi cliché o non sarebbe ancora credibile, almeno qui in Italia?
Penso che sarebbe credibile se si presenta in maniera positiva e se è capace di fare questo lavoro. Negli Stati Uniti ci sono parecchi insegnanti uomini che sono dei bravissimi educatori. Certo, nella fascia d'età della scuola materna potrebbe esserci una certa diffidenza, come generalmente accade nei confronti di chiunque abbia in affidamento i nostri figli.

I bambini di oggi sono sempre più sfrontati. Di chi la responsabilità?
I bambini ci copiano. Viviamo in una società in cui il rispetto per l'altro, anche con le parole, è stato abbandonato. Le comunicazioni mediatiche hanno reso tutto asettico e impersonale. Così perdiamo molto della nostra vita emotiva. E' importante insegnare a riconoscere le emozioni, che solo lo sguardo può cogliere. Oggi, però, i ragazzi non ci guardano più in faccia. Tra chat e sms cosa passa? Non distinguono più chi contattano e chi può entrare in relazione con il loro modo di essere. Nelle scuole americane, per esempio, per insegnare a riconoscere le emozioni si fanno degli esercizi appositi, per abituare a guardare in viso chi parla.

La scuola può dare una mano alla famiglia nell'azione educativa?
Il progetto educativo non è per la scuola solo didattico, ma anche comportamentale, sociale e civile. Ben venga l'educazione anche a scuola.













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