lutto a trento

Si è spento a 89 anni Ernesto Artuso, il papà dell’«Astra»

Nel 1952 il primo film nella struttura di corso Buonarroti. Per oltre 60 anni è stato uno dei protagonisti della città


di Carlo Martinelli


TRENTO. È il momento dei titoli di coda, quelli con i ringraziamenti. La pellicola della vita intensa ed appassionata di Ernesto Artuso ha smesso di proiettare immagini e di regalare emozioni. Il “papà” del cinema Astra - una delle istituzioni culturali della città - se ne è andato. Aveva 89 anni. Oltre sessant’anni fa - era il 20 settembre del 1952, sabato - Ernesto Artuso e il papà, Antonio, sono lì, in corso Buonarroti, per la prima proiezione assoluta del nuovo cinema della città. Staccano 437 biglietti, quel giorno e il guadagno netto è di 38 mila 726 lire. Si proietta “Clandestino a Trieste”, pellicola che ha tra i protagonisti l'attrice trentina Edda Albertini che, per l’occasione, siede in prima fila. Ed Ernesto Artuso c’è anche il 9 ottobre del 2003, giovedì, quando l’Astra cambia pelle - epperò mantenendo l’inconfondibile architettura esterna - e diventa multisala con tanto di bar e ristorante.

E per capire fino in fondo quale sia stata la passione che ha legato Ernesto Artuso al cinema basti pensare a quei quattro registri che, dal 1952 al 1991, ha diligentemente compilato, giorno dopo giorno. Vi si trovano i titoli dei film, il numero degli spettatori, tutti i dati tecnici e persino indicazioni meterologiche. Perché una giornata di pioggia poteva cambiare i destini di una giornata cinematografica.

Sì, in questi oltre sessant’anni l’Astra è stato uno dei luoghi dell’immaginario collettivo dei trentini. Ed Ernesto Artuso - con la moglie Emma al fianco e poi con il decisivo supporto dei figli, Mariapia, Luisa, Anna, Antonio, Giovanna - ha accompagnato il cambio delle generazioni, il mutare dei gusti. In quegli ormai lontani anni Cinquanta - gli Artuso venivano da Conegliano - fu una vincita alla Lotteria a far sì che il progetto di un cinema per così dire “di famiglia” trovasse casa nel quartiere di Cristo Re. È una storia, quella degli Artuso e di Ernesto in particolare, che il giornalista Paolo Piffer ha saputo trasformare in una sorta di avvincente racconto, ricco di curiosità e di aneddoti. Ne “L’Astra, il cinema in casa”, edito dal Museo storico del Trentino, Ernesto si racconta con quel pudore e quella misura che sono stati la cifra di una intera esistenza. Non importa fossero film western o gialli, pellicole sentimentali strappalacrime o titoli di qualità - con le irripetibili stagioni del Cineforum -, prodotti comici e persino estemporanee divagazioni: negli anni Cinquanta all’Astra si andava anche per assistere al “Lascia o raddoppia” di Mike Bongiorno e in occasione dei Mondiali di calcio il grande schermo del cinema ospitava le partite della Nazionale italiana. Non importa: Ernesto Artuso era sempre là. Una presenza tanto discreta quanto rassicurante. E quando l’Astra è diventato multisala - ancor più confermando una presenza culturale a tutto tondo dentro la città - aveva voluto che all’inaugurazione ci fosse don Dante Clauser. Perché Ernesto Artuso è stato uomo di sentimenti forti, uomo dalla fede salda , ma sobria. Uno che ha venduto i sogni in pellicola perché il cinema continua ad essere il luogo dei sogni, delle avventure fatte stando seduti, delle lacrime non sempre trattenute, delle risate liberatorie. E come in un film che si rispetti, Ernesto Artuso è stato a suo modo protagonista assoluto dell’altra sua grande passione: lo sport e l’atletica leggera in particolare. Diciotto anni presidente della Tridentum, centinaia di manifestazioni come giudice di gara. E sabato 3 settembre 1960 è uno dei giudici di fine corsa alla finale dei 200 metri, alle Olimpiadi di Roma. Lì, ad un paio di metri di distanza, per primo gli sfreccia davanti Livio Berruti. In quanto a celebrità, agli Artuso toccò anche di dover scomodare nientemeno che Alcide Degasperi nel 1950, quando - per far valere sacrosante ragioni - dovettero scrivere all’allora presidente del Consiglio. Era successo che la loro domanda per poter costruire il cinema si scontrasse con analoga richiesta di un imprenditore trentino. Visto le difficoltà a ricevere una risposta dal Ministero dello spettacolo, il padre di Ernesto interessò appunto il conterraneo Degasperi. Andò bene.

Sì, è stato un buon film quello di Ernesto Artuso. E sui titoli di coda un po’ di commozione ci sta.

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