Scontri con la pistola altri nove arrestati

Dopo i 24 centrafricani di luglio, la polizia ferma la «banda» tunisina Due gli individui più pericolosi, armati di una calibro 22 e di un coltello


di Luca Marognoli


TRENTO. Un mese fa 24 arresti in flagranza, oggi altre 9 custodie cautelari eseguite e 4 persone in fuga ma con il “fiato sul collo” della polizia. Dopo trenta giorni si può davvero dire che la polizia abbia fatto piazza pulita, “Saha Nadifa” in arabo, il nome scelto per l’operazione seguita ai gravi scontri che il 22 luglio avevano sconvolto il centro città. Da via Verdi a piazza Venezia, si era scatenata una vera e propria guerriglia urbana, dando l'impressione a un ignaro visitatore di una Trento ostaggio di bande sanguinarie, armate di coltelli, bastoni, machete e anche di una pistola.

A finire in cella per primi, nella retata compiuta nell’immediatezza dei fatti, erano stati gli appartenenti al gruppo centraficano (22 i detenuti attualmente, solo due rilasciati); ora tocca a quello maghrebino, sospettato di avere scatenato gli scontri. Si era parlato di motivi etnici e razziali, che a tutt’oggi non vengono esclusi (i sub-sahariani verrebbero chiamati “negri” dai nordici), ma il questore Giorgio Iacobone e il procuratore capo Giuseppe Amato ieri hanno parlato di una molto probabile radice dei rancori negli interessi legati al traffico di droga sulla piazza cittadina. I 13 ordini di custodia riguardano 12 tunisini e 1 centrafricano. Per tutti l’accusa è di rissa aggravata dalle lesioni e, in alcuni casi, anche di porto abusivo d’arma.

I due soggetti considerati più pericolosi sono Imed Faidie, 30 anni, e Amin Mhadbi, 32: il primo è quello ritratto mentre puntava la pistola, una calibro 22 con un proiettile in canna, contro il gruppo centrafricano (composto soprattutto da persone di Mali, Senegal e Nigeria) in una posizione che ricorda le immagini simbolo degli anni di piombo: gambe larghe sul marciapiede e braccio teso in avanti. La pistola era stata ritrovata nella piazzetta all’imbocco di via don Arcangelo Rizzi, accanto al ristorante A Le Due Spade, abbandonata accanto a un cassonetto: aveva la matricola abrasa.

L’altro individuo, Mhadbi, che si trovava vicino a Faidie, era invece armato di coltello. Entrambi sono stati arrestati una decina di giorni fa, nel corso di un’attività specifica antidroga.

All’operazione Saha Nadifa hanno preso parte 60 uomini della polizia, tra i quali alcuni agenti del nucleo anticrimine di Padova. Cessata la flagranza di reato, la seconda parte dell’indagine è stata la più complessa perché ha richiesto accertamenti approfonditi per individuare i soggetti sospetti. Determinanti sono state le telecamere distribuite sul territorio, che hanno permesso di “fissare” i volti dei partecipanti allo scontro e di seguire gli spostamenti delle bande nelle strade e piazze del capoluogo. Il resto l’ha fatto l’esperienza e la conoscenza del territorio degli investigatori, che sono riusciti con pazienza a mettere in ordine i tasselli del mosaico fino a ricavarne un quadro completo. Tra gli indagati ci sono anche quattro minorenni, tutti tunisini. Gli arrestati nelle due tranche dell’operazione hanno raggiunto quota 31. Gli ultimi a finire in cella sono stati distribuiti tra le carceri di Bolzano, Verona, Vicenza, Modena, Belluno e Brescia.

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