Rossi rompe il silenzio: «Finire il lavoro»

Il governatore torna a parlare su Facebook. Lunedì la giunta. Ma nella maggioranza si temono nuovi guai giudiziari


di Chiara Bert


TRENTO. «Abbiamo realizzato tante riforme importanti e avviato tanti cambiamenti. C’è bisogno di ritrovarsi e di completare il lavoro che ci aspetta». Dopo sei giorni di silenzio, dopo aver minacciato le dimissioni, gridato al complotto e svelato un inchiesta che vede coinvolto suo cognato, Ugo Rossi torna a parlare. Lo ha fatto ieri affidando una breve riflessione a Facebook, una risposta a quanti nelle ultime 72 ore si sono chiesti - e gli hanno chiesto - se davvero stesse pensando di lasciare, aprendo una crisi di governo che porterebbe il Trentino alle elezioni anticipate in tre mesi.

Il governatore. La risposta del presidente, nonostante lo sconforto e la tensione degli ultimi giorni, è questa: no, non mollo. «Molti mi chiedono del futuro», scrive sul suo profilo. «La mia risposta è che lunedì avremo una seduta di giunta molto importante. Affronteremo temi come la scelta del nuovo direttore generale dell'Azienda sanitaria, il disegno di legge sulla buona scuola trentina, la nomina delle commissioni per il concorso docenti che vedrà l'assunzione di 477 insegnanti». «In questi due anni e mezzo - è la riflessione - il centrosinistra autonomista ha realizzato tante riforme importanti e avviato tanti cambiamenti. C'è bisogno di ritrovarsi per avere consapevolezza di questo e trovare anche il gusto di comunicarlo e soprattutto di completare il lavoro che ci aspetta. Sapendo che solo insieme ci si può riuscire e preparare così il futuro». Una chiosa che suona come un appello alla coalizione a serrare le fila e andare avanti dopo le ultime fibrillazioni che non hanno fatto che confermare i problemi irrisolti tra alleati.

Rossi rivendica i risultati raggiunti e prova a rilanciare. «C’è bisogno di ritrovarsi», avverte. Il come per ora non lo spiega, la «verifica di maggioranza» chiesta da Pd e Upt ricorda certo i riti della Prima Repubblica ma nessuno oggi nega che la maggioranza abbia bisogno di un tagliando. «Dobbiamo ritrovare prima di tutto un clima di fiducia», ha avvertito un assessore di lungo corso come Mauro Gilmozzi.

I timori per l’inchiesta della magistratura. Il problema è che l’inchiesta che ha sfiorato il governatore - l’indagine sull’appalto da 138 mila euro a Telemedika che vede coinvolto il cognato di Rossi - non ha fatto che gettare benzina sul fuoco di rapporti già tesi dentro la coalizione. Mercoledì in consiglio regionale per tutto il giorno si sono rincorse le voci di dimissioni del governatore, che in serata aveva smentito ai due emissari di maggioranza, Dorigatti e Mellarini. Da allora nessuna comunicazione né convocazioni. L’appuntamento - come ha ricordato lui stesso ieri - è con la giunta di lunedì, dove arriveranno delibere importanti come la nomina del nuovo direttore dell’Azienda sanitaria e la riforma della scuola. Il confronto di maggioranza è rimandato a dopo la trasferta di Rossi in Australia, una settimana dagli emigrati trentini: partenza giovedì 21.

Ma se tra gli alleati la parola d’ordine è «lasciar decantare le cose», le indagini della Procura sulla gara sospetta della telemedicina alimentano più di una preoccupazione. «Basta che non ci sia dell’altro», sussurra più di un consigliere. Quanto emerso fin qui - è la considerazione dei più - non è bello politicamente e ha indebolito il presidente, perché ha insinuato dei dubbi, ma non basta per chiederne le dimissioni.

Le teorie del complotto. Nessuno infatti le ha chieste, la paura di andare a elezioni anticipate entro pochi mesi (e di ritornarci nel 2018, come prevede la legge) contagia maggioranza e opposizioni. Rossi infatti va avanti, ma nel palazzo fioriscono le teorie complottistiche. Il timore è che ci sia chi, in particolare nel Pd, sia pronto a sfruttare le vicende giudiziarie per fiaccare il presidente e speri nel voto anticipato proprio per scalzarlo dalla guida della Provincia, anche a costo di finire all’opposizione. «Il Rossi-bis si è già allontanato», si mormora nei corridoi della politica. Il primo banco di prova per sondare la forza del governatore saranno le nomine dell’A22: chi avrà la meglio tra lui e il Pd?

L’Upt. Dalla crisi di questi giorni chi esce (momentaneamente) rinsaldata è l’Upt, dove Dellai ha invitato a mettere da parte le dispute congressuali per affrontare l’emergenza istituzionale. La delegazione che parteciperà alle verifiche di maggioranza - ha detto il segretario Mellarini - sarà composta anche dal capogruppo provinciale Passamani, da un parlamentare (Dellai o Fravezzi) e da un rappresentante dei giovani.

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