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La sentenza: "Il lavoro nei festivi resta facoltativo"

La corte d'appello dà ragione alle tre commesse sospese da Aspiag



TRENTO. Anche il secondo round sul lavoro nei giorni festivi è andato alle commesse. La Corte d’appello di Trento ha stabilito, infatti, che il lavoro festivo (in tutto si tratta di 12 giorni l’anno ndr) «non è obbligatorio, ma facoltativo». Il ricorso, in primo grado, era stato presentato dalla Uil e a doversi difendere era stata Aspiag, che aveva sospeso tre dipendenti, tutte donne. Il caso riguarda, in concreto, un supermercato trentino, ma nella stessa situazione ci sono migliaia di commesse e cassiere di tutta la regione.

E la sentenza, come sottolineano i sindacati - che illustreranno i dettagli solo lunedì - è destinata a fare giurisprudenza. A meno che Aspiag (che ieri abbiamo cercato vanamente di contattare al telefono per una replica) non decida di ricorrere in Cassazione.


Anche in appello è stata ribadita l'annullabilità delle clausole contenute nei contratti individuali di lavoro volte a rendere obbligatoria e automatica la prestazione lavorativa nei giorni festivi. Come a dire che il diritto soggettivo ad astenersi dal lavoro nei giorni festivi va oltre qualsiasi deroga eventuale o patto stabilito tra azienda e sindacato. L'effetto di questa sentenza - sottolineano i sindacati - va ben oltre le mura dei supermercati Aspiag, offrendo ai lavoratori un appiglio giuridico in più «per opporsi alle derive liberiste più estreme - che in altre zone d'Italia hanno portato i negozi all’apertura anche nella giornata di Natale».


Le tre lavoratrici del gruppo Aspiag, con il supporto della Uiltucs, avevano presentato un ricorso per chiedere l'annullamento delle clausole contrattuali sottoscritte al momento dell'assunzione, che le avrebbero vincolate per sempre ad accettare - se richiesto - di prestare servizio in una delle giornate festive. Si tratta, in concreto, del primo gennaio, della Befana, Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, primo maggio, 2 giugno, Ferragosto, primo novembre, 8 dicembre, Natale e Santo Stefano.
«Gli effetti di questa sentenza - spiega un dirigente altoatesino della Gdo (la grande distribuzione organizzata ndr) - potrebbero essere pesanti soprattutto per le grandi catene. Se tutti i lavoratori di un dato punto vendita dovessero decidere di non lavorare più nei festivi, il datore di lavoro non potrà più ricorrere a precettazioni, pressioni o altro. Dovrà semplicemente tenere chiuso».
Per i festivi un’altra regione a Statuto speciale come il Friuli Venezia Giulia si era mossa per tempo approvando nel 2016 una legge di riordino del commercio e del turismo. Essa prevede l’introduzione di dieci (in partenza erano nove) chiusure festive obbligatorie nel tentativo di mettere in discussione l’ordinamento voluto dal governo Monti.
Questo discorso non vale ovviamente per le domeniche, con aperture e chiusure assolutamente libere, anche perché sono diventate ormai il secondo giorno della settimana con il fatturato più elevato. La competenza sull’argomento, tra l’altro, è statale. Il consiglio provinciale di Bolzano ha approvato, di recente, una mozione bipartisan per regolamentarle (ce ne era stata una analoga anche nel 2013), ma non avendo competenza diretta si tratta di una mera dichiarazione di intenti. «Anche sulle domeniche - concludono i sindacati - stiamo studiando le necessarie contromisure e non mancheranno certo le sorprese».
Come dire che la partita deve ancora entrare nel vivo.
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