La rabbia degli albergatori: «Il Trentino è tutto turistico» 

Monta la protesta. Il presidente dell’Asat Battaiola: «Gli ospiti hanno esigenze: brutto trovare  le serrande giù». Piffer (Confcommercio): «In gioco c’è l’immagine che diamo del territorio»


luca marognoli


TRENTO. Una legge fatta in pochi giorni che porta indietro il Trentino di molti anni. Togliendo alle imprese la libertà di decidere in autonomia sulla propria organizzazione aziendale e alla clientela la libertà di usufruire di servizi che ormai sono diventati la normalità. Tra i rappresentanti di categoria c’è sconcerto per una normativa – quella che ha tolto Trento e Rovereto dall’elenco dei Comuni turistici - “cotta e mangiata” dalla Provincia senza neppure chiamare al tavolo gli addetti ai lavori. Una sorta di blitz che la giunta Fugatti ha messo in atto approfittando dell’emergenza Covid. E che, aldilà del merito, lascia ora gli operatori del commercio in mezzo a notevoli difficoltà di carattere organizzativo: per far coincidere le aperture con i momenti di maggiore afflusso turistico e per cercare di uniformare il calendario su scala provinciale.

Difficoltà che Massimo Piffer, presidente dell’Associazione commercianti al dettaglio di Confcommercio, non nasconde: “La città capoluogo fa da cassa di risonanza, ma la confederazione si sviluppa su tutto il territorio provinciale. Non è compito nostro dire se sarà impugnata o meno, ma questa legge sconquassa la situazione e tutto va riorganizzato. Si tratta di capire come utilizzare al meglio le 9 domeniche a disposizione nei comuni esclusi, anche sulla stessa città di Trento. Da domani – oggi ndr - sentirò le 10 categorie merceologiche. L’intervento è urgente perché bisogna fare una concertazione assieme ai sindaci e adottare le delibere. Non possiamo fermarci: la programmazione ci vuole perché sono anni che siamo in regime di libertà e i territori si erano organizzati, anche a seconda della stagionalità. Cercheremo anche di far sì che le aperture possano coincidere il più possibile, per non disorientale la clientela. Tenendo conto che quest’anno dicembre ha 6 festività e ne restano solo 3 da gestire negli altri mesi”.

Quanto ai grandi centri, come Trento, Rovereto, Pergine e Cles – aggiunge Piffer - “c’è sicuramente il disagio di dover rimettere in pista un’azione di promozione del territorio, sapendo perfettamente che l’estate la gente va in ferie, fa caldo e le città si svuotano. Il problema è l’immagine del territorio: il Trentino va gestito nella sua interezza. Non puoi dire a un turista: vieni ma non puoi acquistare. Gli scenari sono nazionali e internazionali. E’ una situazione distorta: qualche domenica a casa non fa male, ma un conto è farlo per scelta, uno per legge”.

Le categorie si sarebbero aspettate come minimo di essere coinvolte in una scelta così radicale: “Una scelta fatta in tre quattro giorno: il contributo di chi lavora sul campo avrebbe sicuramente rafforzato il ddl”, dice il vicepresidente dell’Unione. “Avremmo portato le esigenze delle piccole imprese familiari, dei negozi in franchising e dei centri commerciali, che hanno anche tanta occupazione. C’è da pensare a tutto il mondo del non-food, dall’abbigliamento al bricolage ai casalinghi. E questo avrebbe richiesto del tempo: chi ha un numero corposo di dipendenti necessita di programmazione”.

Il commercio ha un’importante interconnessione con l’ospitalità alberghiera. Gianni Battaiola, presidente dell’Asat, lo sottolinea: “Mi sembra strano che l’assessore che prima dichiara che il Trentino è tutto turistico poi intervenga con queste limitazioni. Avrebbe dovuto lasciare libertà ai commercianti, magari suggerendo turnazioni per i negozi più grandi. È importante che le attività, anche le piccole botteghe, possano restare aperte quando ci sono turisti...”.

E non si può certo dire che Trento non ne abbia: “È chiaro una città ne ha meno in percentuale, ma anche il capoluogo deve farsi trovare pronto quando c’è afflusso e se i commercianti sono in grado di organizzarsi. Noi ci impegniamo per dare il massimo dell’accoglienza e della bellezza. Se si svuotano città e paesi, diventa tutto brullo: arrivare e trovare le serrande chiuse non è un bel vedere per un turista”.

È stata una doccia fredda anche per gli albergatori quella di non essere stati consultati dalla Provincia? “Non siamo mai intervenuti prima quando si parlava di negozi”, precisa Battaiola. “Se ci avessero sentito avremmo riferito quanto ho detto: il singolo imprenditore dovrebbe organizzarsi come crede. Non sono tanti i negozi da mettere d’accordo se si vuole fare una turnazione. I turisti non necessariamente acquistano, ma la normalità di un territorio è fatta anche di negozi aperti. Nel tempo le città sono diventate sempre più turistiche. E il turista ha delle esigenze: soggiornare, fare una passeggiata... e trovare tutto chiuso non è piacevole. Facendo le giuste proporzioni, i negozi sono come l’arredo urbano. Il messaggio è “vieni perché qui starai bene”. E chi arriva per trascorrere il weekend deve trovare la stessa situazione di chi frequenta la città dal lunedì al venerdì”.















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