«La nostra Autonomia? Teniamocela stretta»

Lo storico Pombeni sul tema del dibattito fra Maroni, Rossi e Kompatscher che si terrà sabato 5 aprile alle 17. «Senza di essa lo Stato pagherebbe di più. Le altre regioni? Non sono in grado»



TRENTO. “Carissima Autonomia” è certo un titolo intrigante per un dibattito che vedrà partecipare, sabato 5 aprile a palazzo Geremia (ore 17), i presidenti delle Province di Trento e Bolzano Ugo Rossi e Arno Kompatscher e il governatore della Lombardia Roberto Maroni. Riflessione a doppio significato, a seconda di come la si pensi (ma non è detto), che sarà condotta dai giornalisti del “Trentino” Luca Petermaier e Chiara Bert. Pane per i denti di Paolo Pombeni, storico di ormai lungo corso e direttore dell’Istituto storico-italo germanico. Che su questi temi va a nozze. E che riassume: «Teniamocela cara questa Autonomia, e rilanciamola, pur in un quadro generale in forte mutamento».

Il primo Statuto è del ’48. Il secondo, con l’autonomia delle due province del ’72, dentro un quadro regionale. Ha ancora una sua validità questo schema?

Per alcuni versi sì, per altri meno. Tra i secondi metterei il problema della difesa dell’etnicità come si poteva immaginare nel secondo dopoguerra. Ormai viviamo in una società multietnica. Non è più solo una questione di rapporti tra italiani e tedeschi. Ci sono tanti stranieri, il confronto è tra più culture. Per quanto, e lo sottolineo, valorizzare la propria cultura sia un aspetto che arricchisce. Insomma, nell’Europa del XXI secolo la tutela della piccola nazionalità ha forse meno importanza.

E tra gli aspetti validi?

Senz’altro il modo di governare. E’ stato un successo perché ha permesso al Trentino, ancor di più dell’alto Adige che già era una provincia ricca, di recuperare gap storici affrancandosi da una condizione di arretratezza. Ancora oggi, in una situazione politica, economica e sociale difficile da governare, l’Autonomia è uno strumento formidabile.

Per tornare al titolo, uno e bino, “Carissima Autonomia”. Da tenerci cara o troppo dispendiosa?

Tutte e due le cose. Teniamocela cara questa Autonomia. A chi la critica dico sempre di fare due conti. Se lo Stato avesse in carico determinate competenze alla fine costerebbero di più rispetto a quanto spendiamo noi per mantenerle. E non intendo solo dal lato economico ma pure in termini di efficienza. Con alcune conseguenze: disaffezione dei cittadini e rifiuto della politica.

Però, l’Autonomia è comunque sotto attacco. Fa gola ad altre regioni?

Certo: c’è una forma di invidia. Però, oggi come oggi, è praticamente impossibile allargare la nostra condizione ad altre regioni anche perché molte di queste non sarebbero in grado di sostenere una situazione come quella trentina.

E perché mai?

Non si inventa dall’oggi al domani. Dipende da molti fattori: da un certo livello di civiltà delle popolazioni interessate, da una classe politica, pur con tutti i suoi limiti, capace di gestire il processo e da un insieme di tradizioni. Il sistema italiano in buona parte non ha queste caratteristiche.

La nostra Autonomia per cosa si giustifica, oggi?

Soprattutto per la sua possibilità di essere dinamica. In un mondo in cui sta cambiando tutto non può essere lo Stato a gestire certi processi. C’è bisogno di laboratori che siano capaci di affrontare trasformazioni epocali. In questo senso, l’Autonomia non dovrebbe essere il privilegio dei trentini ma potrebbe rappresentare l’incubatore di soluzioni per la definizione di modelli validi anche per altre Regioni.

Roma continua a chiedere soldi.

Si dovrà, paradossalmente, pensare a fare anche di più ma con meno soldi. Tutto ciò presuppone un’operazione politica delicata e dolorosa, da gestire attraverso il consenso.

Lo scandalo vitalizi non aiuta.

Direi proprio di no. E’ una cattiva eredità di un momento in cui sembrava potesse essercene ancora per tutti. Ma i nodi sono venuti al pettine.













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