Indennità regionali Renzi cala la scure

Assessori e consiglieri non potranno superare quella del sindaco di Trento: 8.770 euro lordi. Stop ai rimborsi e fondi ai gruppi. E ieri nuove proteste


di Chiara Bert e Paolo Morando


TRENTO. Gli emolumenti spettanti al presidente della giunta regionale e ai membri degli organi regionali non possono superare l’importo di quelli spettanti ai sindaci dei comuni capoluogo della Regione». Articolo 122, comma 6 del disegno di legge costituzionale di riforma del Titolo V presentato mercoledì dal presidente del consiglio. Il giro di vite alle indennità regionali Matteo Renzi lo aveva già annunciato e nella bozza del disegno di legge il taglio è puntualmente confermato. Secco: i compensi dei consiglieri regionali, ma anche al presidente della giunta e agli assessori regionali (ma nel caso del Trentino Alto Adige si tratta anche delle due giunte provinciali) saranno stabiliti con legge dello Stato e non potranno superare quello del sindaco del capoluogo. Nel caso del sindaco di Trento Alessandro Andreatta l’indennità è di 8770 euro lordi al mese, circa 5400 euro netti, senza nessun rimborso extra. Discorso ben diverso se si guarda al vicino Alto Adige, dove l’indennità del sindaco di Bolzano è pari a 12.380 euro, più alta di quella dei consiglieri regionali.

Nuova stretta in arrivo, dunque, dopo quella del governo Monti (decreto 174/2012) che aveva fissato in 11.100 euro lordi omnicomprensivi il tetto massimo per i consiglieri regionali, estendibili fino a 13.800 per chi ha indennità di funzione. E dunque, ecco due conti: l’indennità dei consiglieri regionali - post riforma Thaler del 2012, prima dunque del decreto Monti - è di 9800 euro lordi, a cui si aggiungono 700 euro al mese di rimborso spese forfettario per l'esercizio del mandato e un rimborso per spese documentate di 750 euro. Per i membri dell’ufficio di presidenza si aggiungono le indennità di carica (anche queste ridotte con la riforma): il presidente del consiglio riceve 2550 euro lordi in più, 1020 euro in più al vicepresidente, 510 ai segretari questori. Più alte le indennità della giunta provinciale: al presidente Ugo Rossi spetta il 50% in più dei consiglieri (14.700 euro lordi, 8 mila netti), agli assessori il 30% in più (12.700 euro lordi, poco meno di 7 mila netti). Indennità che, in questo caso, non sono state adeguate al tetto imposto dal decreto Monti.

Risultato. Se per i consiglieri regionali l’equiparazione all’indennità del sindaco di Trento contenuta nella riforma del Titolo V potrebbe tradursi in un taglio di circa 1000 euro lordi, ben più consistente sarebbe la riduzione per la giunta, nell’ordine di 6 mila euro per il presidente e di 4 mila per gli assessori.

Non solo: il disegno di legge del governo cala la scure anche su qualunque tipo di rimborsi e stabilisce che «non possono essere corrisposto rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei consigli regionali». Anche in questo caso i tagli della riforma Thaler non basterebbero. Nel mirino ci sono i 5750 euro all’anno per ogni consigliere (totale 201 mila euro) a disposizione per le iniziative istituzionali, di studio o comunicazione dei gruppi.

Ieri intanto il Consiglio provinciale è stato teatro di un’altra protesta, anche se meno “invasiva” rispetto a quella di martedì: sette membri del comitato “Aiutiamoli a cambiare”, dopo aver consegnato le carte d’identità alla polizia che presidiava l’ingresso, ha potuto accedere alla tribuna del pubblico. Qui si sono infilati guanti bianchi di plastica con la scritta “No” e hanno esposto per pochi minuti il cartello del proprio comitato. Li ha raggiunti per discutere con loro solo il leghista Claudio Civettini, che se ne è poi tornato in aula carico di volantini. Presidio ieri anche dei sindacati di base di Casagranda, con lo striscione “Sexy shop dal mutanda” e il cartello “Vendesi vibratore per consiglieri provinciali. Pagamenti con vitalizi”: un chiaro riferimento alla vicenda degli scontrini a luci rosse dei Freiheitlichen. In aula, poi, altri echi delle polemiche sull’occupazione di martedì e sui diversi atteggiamenti di Rossi e Dorigatti. «Il Consiglio non può diventare un fortino, sarebbe un messaggio sbagliato all'opinione pubblica. Ci sarà una presenza maggiore di forze dell'ordine, ma senza blindare l'aula», ha detto il presidente nel corso dei lavori rispondendo a Fugatti. E a Dorigatti è arrivato finalmente il sostegno del gruppo consiliare del suo Pd, che condannando l’irruzione dei manifestanti critica Rossi: «Pur comprendendo che situazioni difficili e gravi come quella di martedì mattina lasciano spazio a comportamenti istintivi e certamente motivati dalla buona volontà, non possiamo condividere l'intervento messo in campo dal presidente della giunta Ugo Rossi in quei frangenti e nemmeno il fatto di aver dato ascolto il giorno successivo ai protagonisti dei riprovevoli atti, presso gli uffici della presidenza della giunta».













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