Il centrosinistra fa autocritica «Il fallimento? La mobilità» 

Il dibattito su Trento. Andreatta: «Non abbiamo fatto abbastanza». Dellai attacca Fugatti «I tagli agli aiuti internazionali colpiscono la nostra vocazione». Pacher: «Sfidare i cittadini»


FABIO PETERLONGO


Trento. Serata in bilico tra l'amarcord, con la celebrazione di un ciclo trentennale di governo cittadino targato centrosinistra, e l'interrogarsi affannoso su che cosa sia mancato alla città di Trento che sondaggi alla mano risulterebbe contendibile per la prima volta dal centrodestra leghista. Protagonisti ad Impact Hub, per la presentazione del libro “La Trento che vorrei” dell’architetto Alessandro Franceschini (con Federico Zappini e Alberto Winterle), gli ultimi tre sindaci di Trento: Lorenzo Dellai, Alberto Pacher, Alessandro Andreatta, che hanno ragionato sulla fine presunta di un ciclo politico, pur esprimendo tiepida fiducia nella vittoria alle comunali 2020. «Non illudiamoci troppo dal risultato delle Europee - ha ammonito Dellai - Trento non è un fortino inespugnabile. Ma sotto la cenere lo spirito di Trento non è cambiato». Pacher, già soprannominato "mister 70%" per il risultato delle Comunali 1999, ha analizzato: «Oggi c'è più rancore e meno conflitto esplicito. È il rancore che ha portato Trump, la Brexit, la Lega. Il compito della nostra parte politica è difficile, perché diversamente dagli altri, non possiamo semplificare». Il sindaco Andreatta tra i tre è parso il meno sereno, forse per il fatto d'essere ancora in carica e catalizzatore di un calo dei consensi che il centrosinistra attraversa in città: «Oggi è il tempo dei vaffa, delle ruspe e della rottamazione. Non c'è più rispetto per l'avversario. C'è l'elogio dell'incompetenza. Si crede che il politico sia "uno della gente" perché incompetente. È la grande illusione di oggi».

Tra gli obiettivi mancati della sua amministrazione, Andreatta ha ammesso quelli sulla mobilità cittadina: «È una mia sconfitta parziale, non abbiamo fatto abbastanza. Ma il tema della mobilità è quello su cui si gioca il futuro di Trento nei prossimi trent'anni». Andreatta ha riflettuto sulle priorità per il futuro: «A Bolzano si sono già mossi per collegare la ferrovia ad alta velocità con le valli laterali, in modo da far partecipare tutto il territorio allo sviluppo. A Trento siamo rimasti indietro».

Un'altra frontiera per disegnare la Trento del 2050 è l'investimento sul verde pubblico, ha spiegato il sindaco: «Non ci si accontenta più del verde "cuscinetto", servono aree verdi funzionali alla forestazione urbana, alla qualità dell'aria, agli orti pubblici. Anche così si combattono i cambiamenti climatici». Dellai nell'immaginare la Trento del futuro ragiona su una "terza via" tra globalizzazione omologante e sovranismo localista, lanciando una staffilata alla giunta Fugatti: «Sono rimasto sconvolto dalla decisione di tagliare totalmente i fondi provinciali per la cooperazione internazionale, è un gesto simbolico che colpisce una vocazione del territorio e delle sue associazioni. Per pensare il futuro serve una progettualità alta, in cui anche per gli stranieri ci siano diritti e doveri». Pacher ha ricordato come le amministrazioni degli ultimi trent'anni abbiano saputo sfidare la cittadinanza con innovazioni positive che hanno cambiato il volto della città: «Anche quando avanzavamo le proposte più "glamour" come il boulevard di Busquets, era un modo per stimolare un dibattito tra i cittadini. Per il futuro occorre prendere spunto dai fatti positivi del presente: penso alla Sat, che ha 27mila soci, iscritti perché si identificano in un'idea di ambiente e di Trentino. Questo deve fare la politica, fare sentire le persone parte di qualcosa di più grande».















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