I nonni di Desireè: «Aiutateci a combattere la burocrazia»

In una lettera aperta ricordano il calvario della bambina di Taio affetta da atrofia muscolare spinale a cui il giudice nega l’accesso a una terapia alternativa che potrebbe alleviare le sue sofferenze



TAIO. Il dolore cresce giorno per giorno, alimentato dal senso di impotenza di fronte alle sofferenze della nipotina ammalata e agli ostacoli, per certi versi inspiegabili, della burocrazia, che soffoca anche la speranza di un piccolo miglioramento. Questo in sintesi quello che vogliono comunicare i nonni di Desireè, Emanuela e Armando, Lia e Luigino, allo scopo di chiedere a chi può di aiutare questa bambina di 3 anni di Taio, affetta da atrofia muscolare spinale (Sma), che in seguito alla sentenza di un giudice, di cui il Trentino ha riferito lo scorso 14 febbraio - non può accedere nemmeno a cure compassionevoli a base di staminali. Ma – scrivono i nonni - «la vita è sacra, è una e nessuno ha il diritto di decidere se vale più o meno di un'altra».

«La legge è uguale per tutti, ciò significa che tutti abbiamo gli stessi diritti - proseguono - ma anche gli stessi doveri. Purtroppo queste sacrosante parole sono svanite nel nulla da quando il potere e i forti interessi economici hanno avuto la meglio rispetto all'importanza di valori come l’etica morale e onestà. A pensare e a dire questo siamo noi, i nonni di Desireè, la bambina di Taio malata di Sma1, malattia genetica degenerativa e per ora incurabile.

Desireè è una vita in salita, anche per chi le sta vicino con tanto amore. Noi viviamo ogni giorno con i nostri figli l'angoscia che la degenerazione porti a un improvviso peggioramento, e vediamo nei loro occhi la paura di perderla. I genitori di Desireè hanno chiesto con forza e sacrificio il permesso al giudice di poter curare la loro bambina con il protocollo Stamina a base di cellule staminali prelevate dalla mamma e trattate al fine di poterle rendere efficaci per migliorare la qualità di vita della piccola. Dopo la prima sentenza favorevole qualcosa è andato storto. Noi eravamo illusi e speranzosi anche perché esiste la legge “Fazio-Turco” che permette queste cure compassionevoli: la parola stessa parla chiaro. Lo stesso giudice che ci aveva illuso (e che abita a pochi chilometri da Taio: se aveva dubbi, eravamo pronti ad aprirgli la porta di casa, così che potesse toccare con mano la situazione) ci ha tolto la speranza con un'altra sentenza sfavorevole».

Desireè, aggiungono i nonni, ha una malattia che non perdona. Sono consapevoli che la terapia Stamina non fa miracoli, ma in altri bambini ha fermato l’avanzare della Sma. La sentenza del giudice di Cles a favore dell'Aifa (Associazione Italiana del Farmaco) «nega il diritto alla vita ed è una grande sconfitta».

«In questo periodo - prosegue la lettera - sono state fatte 20 sentenze in vari tribunali italiani di cui solo 3 con esito negativo. Una di queste riguarda Desireè. Aifa non ha un farmaco da offrire a questi bambini sfortunati, e i nostri bravi ricercatori non hanno fondi sufficienti per studiare e sperimentare cure contro queste malattie genetiche. E’ inconcepibile, incomprensibile, inaccettabile negare un sacrosanto diritto».

«La nostra bambina abita vicino alla casa di riposo di Taio e noi sappiamo bene come gli ospiti molto anziani vengono curati: con amore e professionalità per allungare di qualche giorno e nel migliore dei modi le loro vite. Noi nonni abbiamo ancora molte forze per lottare insieme ai nostri figli, la speranza di vedere la nostra nipotina seduta nel passeggino non l'abbiamo persa. Non abbiamo perso neanche il sogno di poterla portare su un prato verde, a respirare aria fresca, a vedere un animale da vicino o una farfalla volare. La nostra splendida bambina è molto brava e ci aiuta tanto con la forza del suo sorriso. Aver reso pubblica la nostra situazione familiare, aver aperto le porte della nostra vita privata ci ha dato anche tanta soddisfazione, perché molte persone ci sono state vicine e solidali. Ora ci sentiamo più forti e continueremo la nostra battaglia anche perché siamo meno soli, e a queste persone diciamo grazie! È un’ingiustizia dover combattere contro la cieca burocrazia. Non sarebbe scandaloso essere costretti a cambiare residenze alla nostra piccola per poter accedere a questa cura?» (g.e.)













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