Trento

Hospice di Trento, una casa piena di vita

Ecco il progetto dell'immobile per le cure palliative. «Carriolata giocosa» per l’avvio della costruzione a Madonna Bianca. La Fondazione: «Un ambiente amoroso per dare qualità agli ultimi giorni»


di Luca Marognoli


TRENTO. I numeri parlano di capacità ricettiva (10 posti letto), superfici (30 metri quadrati per unità abitativa), piani (due, con il day hospital sotto e le stanze sopra), volumi (11 mila metri cubi), costi (3,7 milioni di importo di contratto), tempi (un anno e mezzo di lavori). Ma la Casa Hospice di cui sabato sarà posata la prima pietra a Madonna Bianca, prima che un progetto tecnico (finanziato da Patrimonio del Trentino spa), è un progetto umano che trova la sua realizzazione dopo un percorso iniziato nel 2007, con la nascita della Fondazione Hospice Trentino Onlus per volontà di persone che hanno conosciuto l’esperienza della malattia, appoggiate con forza dalla Fondazione trentina per il volontariato sociale.

«Non sarà affatto un ghetto dove si va a morire - spiega Carlo Tenni, vicepresidente della Fondazione - ma una struttura inserita nella società. Per prima cosa un ambiente accogliente e amoroso in cui questo abbraccio alle persone ospitate sia più familiare possibile. Vi si troverà personale altamente qualificato, ma sarà la società civile a renderlo umanamente vivibile. E tutti siamo chiamati ad essere partecipi di questa realtà. Sarà una casa aperta a tutti: non solo ai malati oncologici ma a tutti i malati terminali. Per dare qualità ai giorni che vivranno al suo interno. Non vogliamo più sentir parlare di malattie incurabili: inguaribile non è sinonimo di incurabile, tutti i malati sono curabili».

Un luogo che avrà dunque più funzioni: abitativa, terapeutica, sociale... «Sarà anche un polo di formazione e cultura per medici di base, con spazi per concerti e intrattenimento, in modo che la casa sia vissuta davvero dalla comunità». Questa è la scommessa più grande e il primo passo per vincerla sarà compiuto proprio sabato, con una “carriolata giocosa” per la posa della prima pietra, che partirà alle 14.30 da piazza Europa, a Madonna Bianca. «Ci saranno giovani volontari, scout, alpini... Tutti devono entrare in questa struttura», dice Stefano Bertoldi, impegnato in vari fronti del sociale, che segue da vicino il progetto. «Faremo eventi, come cineforum e un piccolo parco giochi per i bambini. Ci sarà anche una collaborazione con la vicina Casa del sole». L’obiettivo dichiarato è di portare i volontari dagli attuali venti a cento: c’è bisogno di persone non solo che affianchino i malati, ma anche che si occupino di front-office, giardinaggio, lavanderia e altre questioni pratiche.

Nella sede della Fondazione, in via Dordi (i volontari ora sono a disposizione dei malati nella struttura hospice dell'Azienda Sanitaria a Villa Igea) è stato presentato ieri anche il libro “Riserva di prognosi”, scritto dalla giornalista Milena Di Camillo e da Loretta Rocchetti, medico di base in pensione e presidente del Comitato etico dell’Università. È il racconto dell’ultimo anno di vita di Barbara Soini, oncologa scomparsa nel 2014 dopo essersi ammalata di cancro. Un libro che raccoglie la sua storia clinica e umana e le testimonianze di specialisti della sanità. «Un libro “per” la sanità, non contro qualcosa o qualcuno», hanno detto le autrici, dal quale emerge l’importanza della formazione degli operatori, della presa in carico del malato in modo unitario e non frammentato tra i diversi terapeuti e di gestire il tempo in modo appropriato. C’è anche la voce del marito di Barbara, che diceva: «Non possiamo fare progetti a distanza, ma far sì che ogni momento che viviamo sia indimenticabile». Parole che diventeranno il motto di Casa Hospice.













Scuola & Ricerca

In primo piano